Il Podio dell'Arengario di Milano, un gigante scomparso
Forse non tutti sanno che il Palazzo dell’Arengario in Piazza del Duomo aveva davanti a sé un gigantesco podio, concepito per le adunate fasciste ed i discorsi del Duce: questa è la storia della sua costruzione e della sua demolizione.
L’Arengario oggi (da Wikipedia) |
Il Palazzo dell'Arengario è stato edificato sul luogo dove
si trovava la cosiddetta "manica lunga", appendice del Palazzo Reale
demolita nel 1936 per attuare la sistemazione dell'area del Duomo, ed è
costituito da due corpi di fabbrica che si affacciano alla piazza, determinando
uno scenografico fondale, contrapposto all'arco della Galleria, attraverso il
quale è aperto il passaggio sulla via Marconi e l'ingresso alla piazza Diaz.[1]
La manica lunga di Palazzo Reale prima della demolizione (da
Wikipedia) |
Il cantiere dopo la demolizione della Manica Lunga |
L’Arengario fu costruito su progetto degli
architetti Portaluppi, Muzio, Magistretti e Griffini, decorato in facciata con una serie di bassorilievi di Arturo Martini. Vincitore del concorso del 1937, il progetto
per l'Arengario concluse il processo di rinnovamento urbanistico del centro di
Milano, impostato dall'architetto Giuseppe Mengoni che aveva impresso un
carattere monumentale all'area attorno al Duomo.[2]
Nei progetti originali dell’edificio si può vedere come di fronte all’edificio di sinistra, quello più vicino a Palazzo Reale, sia presente il disegno di un pilastro esterno all’edificio, verso la Piazza del Duomo.[3]
Progetto originale dell’Arengario, la freccia indica il pilastro (foto
da lombardiabeniculturali.it) |
Una foto dell’epoca che mostra il modello del progetto
vincitore del concorso, ci fa capire che quel pilastro era destinato a sostenere un
podio oratorio.
Foto del modello del progetto (da www5.iuav.it) |
Il podio è visibile anche in un fotomontaggio del 1938, conservato
negli archivi fotografici del Comune di Milano.
Il podio nel fotomontaggio del 1938 (da
fotografieincomune.comune.milano.it) |
I lavori di costruzione iniziano nel 1939. Il Corriere della
Sera, nel darne notizia, pubblica una foto del progetto in cui si riconosce il
podio e scrive che: “Nel cantiere si lavora con più di 100 operai e si
prevede che la fine dell’opera avverrà nel 1942. Si lavora con la maggior
autarchia di materiali, e il consumo del ferro, ad esempio, è stato ridotto a
quantità insignificanti.”[4]
Corriere della Sera, 19 novembre 1939 |
Il 10 giugno del 1940 l’Italia entra in guerra, ma malgrado
ciò la costruzione procede celermente: già nell’autunno del 1940 la struttura
dell’edificio è quasi completa, come si può vedere in una serie di foto
pubblicate del Corriere.
L’Arengario in costruzione (foto Corriere della Sera del 16
novembre 1940) |
L’Arengario in costruzione (foto Corriere della Sera del 27
luglio 1941) |
Nel 1941 il cantiere è anche funestato da una disgrazia: per
il crollo di un ponteggio rimangono gravemente feriti tre muratori. Trasportati
all’Ospedale Maggiore, uno dei tre muore poco dopo il ricovero.[5]
L'arrivo del blocco di granito per la pedana (da Facebook, Milano nel tempo)
Ai primi di agosto del 1942 arriva in Piazza del Duomo il blocco di granito rosa di Baveno, del peso di 300 quintali, che formerà la pedana del podio. “È un monolito lungo 6 metri, largo 2 e 40, alto 80 centimetri. La scelta del blocco, la sua formazione e rifinitura e infine il suo trasporto da Gravellona Toce alla nostra città hanno costituito tanti complessi problemi che sono stati risolti felicemente dai tecnici e dagli operai. Si dovette delimitare e tagliare un blocco di 36mila quintali, pari a 1200 metri cubi, dal quale, con un paziente lavoro degli scalpellini, durato tre mesi, si trasse il monolito grezzo della pedana, rifinito e poi ridotto al peso di 300 quintali. Si presentò quindi il problema del trasporto, su uno speciale rimorchio ad otto ruote, trainato da un potente trattore: e stanotte, per la via rivierasca del Verbano e per l’autostrada, il convoglio ha raggiunto regolarmente Milano e ha recato il suo eccezionale carico in Piazza del Duomo. Questa grande pedana di granito rosa verrà immediatamente messa in opera, issata al suo posto con grandi paranchi per i quali è stato allestito nel cantiere un apposito castello. Come è risaputo, la monumentale tribuna dell’Arengario spiccherà dal grande palazzo di sinistra, poggiando su un’altissima stele rostrata, di granito rosso Pantheon della Valle d’Aosta, che sarà completata da figurazioni di bronzo, opera dello scultore Messina.”[6]
Il podio in opera (foto Corriere della Sera del 18 settembre
1942) |
Nel 1943, dopo che una serie di bombardamenti aerei ha
colpito la città, si decide la costruzione di un ricovero antiaereo sotto il
Sagrato del Duomo, di fronte all’Arengario.
Il cantiere del rifugio antiaereo in Piazza del Duomo |
Con la caduta del Fascismo, il 25 luglio 1943, e le
crescenti difficoltà belliche dell’Italia, i lavori di costruzione subiscono un
grave rallentamento, per poi essere sospesi.
Nell’agosto del 1943,
un ennesimo bombardamento colpisce gravemente Piazza del Duomo ed i suoi
monumenti. “Un primo quadro tragico dei nuovi sconvolgimenti prodotti dalle
bombe dirompenti e dalle incendiarie si ha in Piazza del Duomo, colpita
duramente ieri notte. Due bombe dirompenti sono scoppiate sopra il Sagrato sul
lato verso via Cappellari, poco discosto dall’estremità della gradinata, presso
il recinto del cantiere per la costruzione del rifugio. Le schegge hanno aperto
copiose ferite nell’edificio marmoreo, facendo cadere alcune statue dalle nicchie,
sbrecciando parti ornamentali e architettoniche. Due portoni della fronte sono
stati divelti dai cardini, il portale centrale in bronzo è stato danneggiato.
Le stesse due bombe hanno danneggiato pure l’Arengario.”[7]
Anche Palazzo Reale è pesantemente colpito; alcune foto scattate dal Sagrato ed una foto scattata dal tetto del Duomo ci mostrano l’Arengario ed il tetto della Sala delle Cariatidi completamente crollato. In esse si vede chiaramente anche il podio.
L'arengario in alcune immagini scattate dopo i bombardamenti dell'agosto 1943 (Archivio Publifoto Intesa San Paolo) |
Nel periodo della Repubblica Sociale Italiana, i lavori continuano
ad essere sospesi. Il 16 dicembre del 1944 Mussolini viene in visita a Milano
da Salò. L’Arengario non è terminato, anche il Teatro alla Scala è gravemente danneggiato
dalle bombe. Il Duce tiene l’ultimo discorso pubblico della sua vita al Teatro
Lirico di Via Larga. Il podio dell’Arengario non verrà mai utilizzato da chi l’aveva
fortemente voluto.
Nel 1945, all’indomani della Liberazione, in una Milano semidistrutta, la giunta comunale decide di utilizzare in via provvisoria come negozi il pianterreno dell’Arengario e dell’edificio gemello.[8]
L’Arengario con il podio nel primo dopoguerra (foto
da www5.iuav.it) |
I lavori di adattamento dei due edifici iniziano celermente, si prevede di realizzare in totale 26 negozi ed un caffè.[9] I saloni dell’Arengario iniziano invece ad essere utilizzati per alcune mostre; la prima, dedicata alla storia della Liberazione, viene inaugurata il 7 luglio 1945.
Nell’ottobre dell’anno successivo, la giunta decide di
eliminare il podio dell’Arengario, definito “derelitto retaggio di una grigia
epoca scomparsa.”[10]
Corriere della sera, 30 ottobre 1946 |
Ma gli scarsi mezzi finanziari a disposizione del Comune e l’infinita
serie di priorità del dopoguerra, ben più gravi e urgenti, faranno sì che il
podio dell’Arengario, da cui nessun oratore ha mai parlato, rimarrà in Piazza del Duomo ancora per molto
tempo.
Si dovrà infatti arrivare al 1949 perché la demolizione del
Podio venga avviata. Purtroppo, a distanza oltre 70 anni, non mi è stato possibile
ricostruire cosa si fece della colossale pedana in granito rosa di Baveno.
Corriere della Sera, 19 ottobre 1949 |
Nel febbraio del 1950 il podio risulta essere completamente smantellato.
Ci si interroga su cosa fare dell’Arengario, ma per lunghi anni i due edifici
gemelli rimarranno incompleti, fatiscenti, coperti da impalcature e tabelloni
pubblicitari.
L’Arengario senza il Podio (foto Corriere della Sera, 12
luglio 1953) |
L’Arengario negli anni 50 (foto dalla pagina FB Milano nel
tempo) |
Solo nel 1955 il Comune di Milano deciderà di mettere mano
ai lavori e di completare l’opera, per destinarla a sede dell’ENIT, Ente
Nazionale imprese Turistiche, e ad alcuni suoi uffici. Trascorreranno così 50 anni.
Dal 6 dicembre 2010 il Palazzo dell’Arengario ospita finalmente il
Museo del Novecento, con una collezione di oltre quattromila opere di arte
italiana del XX secolo. I lavori di ristrutturazione dell'edificio sono stati
effettuati a cura degli architetti Italo Rota, Emanuele Auxilia, Fabio
Fornasari e Paolo Montanari, per un costo complessivo di circa 28 milioni di
euro. [11]
Del gigantesco podio per le adunate fasciste si è perso
ormai ogni ricordo.