Henry Charles William Egerton Piercy e la villa di Porto Pino

Nella frazione Porto Pino di Sant’Anna Arresi, nel sud ovest della Sardegna, un lungo muro di cinta nasconde un grande parco, al cui interno sorge una maestosa villa, che dall’aspetto si immagina risalire agli inizi del secolo scorso. Ho voluto ricostruire la storia di questa villa e del gentiluomo inglese che l’ha costruita, scoprendo che entrambe sono strettamente connesse allo sviluppo della frazione di Porto Pino.

Per iniziare a raccontare la storia della villa di Porto Pino dobbiamo risalire al 1865, quando il neonato Regno d’Italia, per progettare e costruire la rete ferroviaria della Sardegna, diede l’incarico all’ingegnere gallese Benjamin Piercy, specialista della materia.

Benjamin Piercy

Dopo le prime saltuarie ricognizioni nell’isola, Benjamin Piercy si trasferì con la sua numerosa famiglia, moglie e nove figli, a Cagliari dove “si sistemò nel palazzo del Barone Rossi, situato nella parte alta della città, dal quale si aveva una meravigliosa vista della baia, della campagna e della piana coltivata. La famiglia era accompagnata da Mademoiselle (insegnante di francese) e da Miss Maslin, governante inglese soprannominata Pots o Potty.” [1]

Palazzo Rossi in via Lamarmora 2/6 a Cagliari


La famiglia Piercy in costume sardo (da www.associazionepiercy.it)

L'enorme fortuna accumulata con l'impresa ferroviaria consentì a Benjamin Piercy numerosi investimenti; la sua solida fama di uomo d'affari si diffuse rapidamente in tutta la Sardegna. Diventò amico di Giuseppe Garibaldi, che lo chiamò come padrino del figlio Ricciotti. Re Umberto lo fece commendatore della Corona d'Italia e lo chiamò anche a Roma per occuparsi dell'approvvigionamento idrico della capitale del nuovo regno.[2]

Fra il 1879 e il 1883 Benjamin Piercy, continuando a dirigere la realizzazione delle ferrovie sarde, acquistò vasti terreni nel Nuorese, sull'altopiano di Campeda, presso Bolotana e Bonorva, che comprendevano anche una casina di caccia in località Badde S’Alighes ed altri manufatti nella confinante tenuta di Padru Mannu. 

A Campeda creò dal nulla un'azienda agricola, provvista di una sua stazioncina ferroviaria e con più di 50 chilometri di strade interpoderali. Interessatosi di zootecnia, Piercy fece esperimenti di genetica, provando l'incrocio fra il muflone sardo e la femmina del cervo. Con circa 1000 ettari della tenuta lasciati a foraggio e 2300 ettari lasciati a pascolo brado, introdusse alcune razze alloctone di bovini, suini, ovini e caprini. Allevò anche cavalli, diventando un importante fornitore dei corpi militari. Sperimentò ugualmente la botanica, con l'impianto di specie di provenienze assai distanti, come la tuja dell'Himalaia, l'abete di Spagna, il cipresso di Lawson, il libocedro, il bosso delle Baleari. A Badde S’Alighes impiantò anche una segheria, in cui realizzava le traversine per i binari delle ferrovie.

Il Deputato Francesco Salaris, addetto nel 1885 allo studio dell'Isola per un'inchiesta agraria, parlò dell'azienda di Benjamin Piercy come di "un monumento eretto all'agricoltura moderna [...] condotta con vero intuito imprenditoriale da uno dei più intelligenti operatori agricoli nazionali; oggi è il maggior proprietario di fondi rustici di tutta l'isola".

Il patrimonio di Benjamin Piercy si accrebbe ulteriormente con successivi acquisti di tenute, per migliaia di ettari, in territorio di Domusnovas. A questi si aggiunsero altri acquisti ed investimenti in tutta l'Isola, da Palau a Chia.

Fu necessario istituire un'autonoma Amministrazione Piercy, che aveva sede a Cagliari. Il 2 maggio 1882 il comune di Bolotana gli conferì la cittadinanza onoraria.[3]

Benjamin Piercy in età matura

Benjamin Piercy morì improvvisamente per un malore il 24 marzo 1888, a 61 anni, mentre si trovava a Londra. All’apertura del suo testamento, ci fu una sorpresa: non era prevista la divisione di beni, ma un lascito di 110.000 sterline ad opere caritatevoli e la nomina di tre fide commissari, incaricati della vendita di tutti i possedimenti e della ripartizione del ricavato tra gli eredi. Questa decisione era probabilmente motivata dallo scarso interesse che Benjamin Piercy aveva rilevato nei figli per le varie attività agricole e di allevamento che aveva creato.

Il figlio maggiore Robert impugnò però il testamento, dando inizio ad una lunga vicenda giudiziaria, che si protrasse per 12 anni.

Nel 1888, il sesto figlio di Benjamin Piercy, Henry Egerton Piercy, a soli 22 anni, malgrado la giovane età e nonostante lo scarso interesse mostrato sino a quel momento, assunse provvisoriamente la carica di amministratore dei beni del padre, potendo contare sulle capacità e l’esperienza dell’ingegner Francesco Sanna, uomo di fiducia di Benjamin Piercy. 

Henry Charles William Egerton Piercy era nato il 27 gennaio 1866 al n. 12 di Devonshire Terrace, a Saint John, Paddington, nella contea di Middlesex. E' un elegante quartiere di Londra, a nord di Hyde Park.

Atto di nascita di Henry Piercy (da www.antenati.san.beniculturali.it)

E' documentato il suo servizio militare nel 1892 nel reggimento gallese di cavalleria degli Ussari del Denbighshire, col grado di sottotenente. Iniziò così la sua passione per i cavalli.

A Badde S’Alighes e Padru Mannu Henry Piercy proseguì le attività aziendali, seguendo la strada tracciata dal padre, ammodernando e applicando criteri di sana amministrazione nel perseguimento di un ideale produttività.[4]

Firme autografe di Benjamin e Henry E. Piercy
conservate nella biblioteca di Badde S'Alighes

Diede anche il via ai lavori per trasformare la casina di caccia di Badde S'Alighes in una splendida villa, che esiste tutt'oggi.

Villa Piercy a Badde S’Alighes

“Henry o Harry, l’amante del mare, voleva diventare marinaio, ma siccome il fratello del nonno, l’alto e barbuto zio Sam, aveva prestato servizio nella marina mercantile navigando per i sette mari, morendo di febbre gialla in Cina, allora la sua morte aveva causato grande tristezza in famiglia, così che il nonno si convinse che tutti i marinai, presto o tardi, sarebbero morti di febbre gialla. In questo modo proibì a tutti la marina, e così probabilmente l’Inghilterra si privò di un grande ammiraglio. Lo zio Henry, a cui fu impedito di seguire la sua naturale inclinazione, si rifiutò quindi di fare qualsiasi altra cosa, e così condusse una vita spensierata e sfaccendata, corteggiando bellissime donne”[5]

Henry viveva tra la Sardegna e Roma, ove era ben introdotto nell’alta società e ove allevava cavalli, con i quali partecipava a varie competizioni ippiche. Introdusse gli sport ippici anche in Sardegna, organizzando a Padru Mannu corse al galoppo ed a ostacoli con ricchi premi per i vincitori; la moglie del fratello maggiore Robert, la contessa romana Teresa Margherita Alliata, all’interno delle gare ippiche organizzava eleganti sfilate di costumi sardi con premi per i più belli, indossati da avvenenti ragazze sarde.  La stazione di Campeda, distante solo 2 Km da Padru Mannu, favoriva l’afflusso di numerosissimo pubblico. [6]

Corriere della Sera, 27 dicembre 1892

Scriveva la “Nuova Sardegna” del 24 marzo 1894:

"Macomer 12 – Ieri hanno avuto luogo le corse a Padru Mannu bandite dal signor H. E. Piercy. La giornata era stupenda, e accorse uno straordinario numero di gente dai paesi vicini. Molti si servirono del treno sino a Campeda, altri preferirono fare una cavalcata, altri un’escursione ciclistica. I palchi a disposizione del pubblico erano zeppi di signore e signorine provenienti dai dintorni, che indossavano stupendi costumi isolani. Non essendo sufficienti i palchi la folla si addensava per un bel tratto attorno agli steccati di cinta della pista. È questa di un’estensione abbastanza vasta, 2200 metri di circonferenza, conservata accuratamente. Debbo notare tra i non pochi graditi ospiti il giovane tenente d’artiglieria marchese di Suni, distinto cavallerizzo. Nel palco riservato al comitato sventolavano la bandiera inglese e italiana".

Henry Piercy a cavallo

A Roma o nelle campagne nei dintorni di Macomer Henry organizzava anche battute di caccia alla volpe, nello stile inglese, utilizzando cavalli sardi ed una muta di venti cani, appositamente addestrati e portati dal Cheshire. 

Caccia alla volpe a Roma, 1896

Quando si trovava a Cagliari, Henry viveva nell’elegante palazzo Zedda Piras nel viale Regina Margherita al n. 36, mentre amministrava i beni dell’eredità paterna in Sardegna dagli uffici dell’Amministrazione Piercy, con sede nel palazzo Zamberletti, al n. 17 del Viale Regina Margherita.[7]

Palazzo Zedda Piras a Cagliari


Palazzo Zamberletti a Cagliari


Data la sua passione per il mare, Henry Piercy nel corso degli anni aveva anche acquistato varie imbarcazioni, tra cui la goletta “Shooting Star” ed il battello “Stellaura”, con la quale, insieme al fratello Benjamin Herbert ed alla di lui famiglia, compì alla fine dell’800 uno straordinario viaggio dall’Inghilterra alla Sardegna, attraversando il canale della Manica, risalendo la Senna sino a Rouen e percorrendo la Loira e i canali francesi sino al Mediterraneo.[8]

Pochi anni dopo, racconta la nipote, “…È naturale che lo zio Henry non potesse resistere alla sua passione per la navigazione, così che, dopo aver venduto la Stellaura, (comprò) una goletta da 100 tonnellate, la “Star of the West”.[9]

Nel marzo del 1894, mentre si trovava nell’isola, Henry sfuggì anche ad un tentativo di sequestro di persona. Insieme alla sorella Florence stava rientrando a cavallo dal bosco verso Macomer quando fu sorpreso da alcuni individui, uno dei quali trattenne il cavallo per le briglie. Piercy gridò alla sorella di scappare; quella poté subito invertire la marcia e correre verso la borgata. Henry fece finta di smontare di sella e diede invece un calcio all’uomo che mollò la presa, sicché poté lanciarsi al galoppo. Gli altri gli spararono e abbatterono il cavallo, per cui lui fuggì a piedi. Frattanto la sorella aveva dato l’allarme e un gruppo di lavoranti si mise alla caccia dei banditi, che nel frattempo si erano però dileguati. Ci furono degli arresti, ma non si arrivò ad incolpare nessuno. Qualche tempo dopo, venne catturato il famigerato bandito Derosas, che tra le altre malefatte confessò di essere stato uno dei capi dell’organizzazione di quel tentativo di sequestro.[10]

Corriere della Sera, 10 marzo 1894

Nel 1897, due cavalli della scuderia di Henry Piercy vincono il Grande Steeple-Chase di Roma, in presenza del Re Vittorio Emanuele II, della Regina e dei Duchi d'Aosta.

Corriere della Sera, 26 aprile 1897

Nel 1902, in occasione di un viaggio nel Sulcis, probabilmente per visitare i possedimenti paterni di Chia, Henry Piercy scoprì il paesaggio ancora vergine di Porto Pino e se ne innamorò.[11] Porto Pino a quell’epoca faceva parte del Comune di Villarios Masainas. Il Comune di Sant’Anna Arresi verrà istituito solo il 1° gennaio 1965.[12]

Gli stagni e la peschiera di Porto Pino erano di proprietà della nobildonna cagliaritana Donna Giovanna Asquer. Gli Asquer erano una famiglia cagliaritana di mercanti di origine ligure, giunta a Cagliari nella seconda metà del XVI secolo.[13] Giovanna aveva ricevuto i 500 ettari degli stagni e della peschiera come regalo di nozze dal padre Francesco Asquer, che li aveva acquistati nel 1864 dal neonato stato italiano, mediante un’asta. Lo stato italiano aveva anche concesso agli Asquer il diritto esclusivo di pesca nel canale.

Atto di vendita a Francesco Asquer, datato 4 ottobre 1864
 (archivio Corridori)

Nel 1902 Giovanna Asquer ed il marito caddero purtroppo in difficoltà economiche; i loro beni furono messi all’asta dal tribunale di Cagliari ed Henry Piercy li acquistò. [14] [15]

Il 1° agosto 1903, all’età di 36 anni, Henry Piercy sposò la nobildonna romana Donna Diana Theodoli, figlia del Marchese Alfonso Theodoli e di una affascinante americana, Lily Conrad. 

Lily Conrad Theodoli

Diana Maria Monica Isabella Theodoli era nata a Roma  l'11 gennaio 1883, nel Palazzo Theodoli di Via del Corso 385; essendo ancora minorenne, per il matrimonio fu necessario il consenso espresso di entrambi i genitori.

Donna Diana Theodoli


I Theodoli sono una famiglia nobile italiana originaria di Forlì, che si stabilì a Roma nel XVI secolo. Il matrimonio fu celebrato a San Vito Romano, 40 km. a est di Roma. La cerimonia religiosa, "stante la deliberazione presa dall'intera famiglia che detto matrimonio abbia a celebrarsi solennemente nel castello dei propri avi", si svolse nella Cappella del Castello di proprietà dei Marchesi Theodoli, quella civile in municipio. 

Atto di matrimonio (da www.antenati.san.beniculturali.it)

Due vedute del Castello di San Vito Romano in antiche cartoline

Il diplomatico inglese Sir James Rennel Rodd nelle sue memorie racconta il matrimonio di Henry Piercy: “Mi recai a San Vito nella Sabina per assistere al matrimonio di un connazionale inglese con Donna Diana Theodoli, la cui madre, americana di nascita, era celebrata per la sua bellezza. La sposa era stata la debuttante più bella della sua stagione ed era difficile decidere quale ammirare di più, la madre o la figlia. Fu un matrimonio affascinante, in cui ogni abitante del piccolo paese di montagna, patria ancestrale dei Theodoli, si impegnò personalmente. I bambini avevano ricoperto il pavimento della chiesa con un mosaico di fiori di campo. Ho trascorso la notte nell'antico castello, un tempo roccaforte dei Colonna.”[16]

Diana era anch’essa una grande appassionata di cavalli. Il matrimonio fu oggetto dell'attenzione di tutto il bel mondo romano e della stampa, anche inglese.

The Chester Courant and Advertiser for North Wales 12.8.1903 pag.4

La coppia dopo la cerimonia partì per Napoli, dove si imbarcò sulla goletta “Star of The West” per il viaggio di nozze.[17]

Nel 1904 la vicenda giudiziaria tra i figli di Benjamin Piercy si concluse finalmente con un accordo tra gli eredi e con l’acquisto delle proprietà di Badde S’Alighes da parte di Herbert, il minore dei nove figli di Benjamin Piercy, che provvide a liquidare tutti i fratelli.

A Porto Pino, Henry Piercy iniziò una serie di lavori per incrementare la pesca e per collegare la frazione al paese di Sant’Anna Arresi attraverso una strada, che divenne nota con il nome di “su stradoni de s’inglesu”, (lo stradone dell’inglese) e che oggi si chiama Via Piercy.[18]

L’inizio di Via Piercy a Sant’Anna Arresi


Nel 1907 Piercy acquistò anche 200 ettari di terreni intorno agli stagni ed iniziò a costruire una villa, che rievocava lo stile della villa costruita dal padre a Badde S’Alighes.

“Lo zio Henry, nella località Porto Pino, in riva al mare, (fece) costruire una bella casa con giardino, nella quale amava soggiornare, godendo anche dell’abbondante pesca che si poteva fare negli stagni che c’erano nella proprietà. C’era anche la possibilità di cacciare anatre e beccaccini, oltre ad una splendida spiaggia bianca che faceva apparire l’acqua trasparente come un cristallo verde. IL posto più incantevole per fare il bagno!”[19]

La villa oggi

Anche il fratello Benjamin nel suo diario ci dà delle informazioni sulla tenuta di Porto Pino: “… Henry prese a interessarsi della proprietà conosciuta come Porto Pino a sud ovest dell’isola, su cui si costruì una casa, circondandola di un giardino molto grazioso. Non sentendosi mai del tutto contento quando era lontano dal mare, lì si sentiva sempre nel suo elemento. Una gran parte della proprietà era ricoperta da stagni o lagune che costituivano una notevole riserva di pesca. Le lagune erano collegate con il mare da un canale in cui venivano calate delle nasse per catturare il pesce durante lo spostamento tra il mare e le lagune. L'intera proprietà era particolarmente adatta per la caccia. Intorno alle lagune c'erano acquitrini dove si trovavano grandi quantità di beccaccini e, in gennaio e febbraio, si popolavano di anatre di tutti i tipi. La spiaggia di Porto Pino era di splendida sabbia bianca che rendeva l'acqua chiara come un cristallo verde. Era forse il posto più perfetto per fare il bagno che uno potesse immaginare. Ai tempi dell'impero romano la zona era stata densamente popolata e le rovine delle peschiere di quei tempi potevano essere scorte distintamente. Un triste ricordo dei giorni dei primi pirati moreschi si manifestò durante la pulitura di un vecchio pozzo. In una nicchia nella parete del pozzo si scoprì un vaso di terraglia che conteneva monete dell'Impero Bizantino. Queste erano state, ovviamente, nascoste da qualche anima sfortunata che non sopravvisse per tornare a prenderle.”[20]

L’ingresso della villa era originariamente sul lato mare, opposto rispetto a quello attuale, verso la peschiera. Nel grande parco sopravvivono ancor oggi vari alberi fatti piantare da Piercy, tra cui una straordinaria magnolia di dimensioni eccezionali.

La magnolia di Henry Piercy

Henry Piercy era un uomo molto colto ed abituato ad una vita ben diversa dalla popolazione di Sant’Anna Arresi. Nella biblioteca della villa si conservano ancor oggi alcuni arredi e molti libri che erano di sua proprietà. Aveva doti umane eccellenti ed era un uomo generoso, che dispensava spesso carità e attenzione per i più poveri e per chi lavorava al suo servizio. Oltre ad amare il mare, era anche un infallibile cacciatore. Appassionato delle nuove invenzioni, si narra che abbia anche sorvolato Porto Pino a bordo di un suo dirigibile.

La casa era spesso frequentata dalla nipote Vera, figlia del fratello Benjamin, chiamata Miss Vera. Si racconta che una domestica che viveva nella frazione Is Pillonis e che prestava servizio presso i Piercy si innamorò a tal punto di questo nome da chiamare la propria figlia Misvera.[21]

Si racconta anche che la moglie di Henry, Donna Diana, rimase incinta, ma non seppe rinunciare ad una cavalcata verso Porto Pineddu, che purtroppo le provocò un aborto spontaneo.

Donna Diana con il nipote Gerald nel 1903

Al centro, Donna Diana a Portopino nel 1916

Negli anni seguenti, Henry acquistò anche altre proprietà nel territorio di Domus de Maria e l'Isola Serpentara, di fronte a Villasimius, che utilizzava come riserva di caccia. [22]

Henry Piercy in età adulta

Henry Piercy morì purtroppo improvvisamente a Terranova Pausania (oggi Olbia) il 20 novembre 1929, a soli 63 anni e senza lasciare eredi, in un incidente aereo.

Idrovolante Savoia Marchetti S55

Il Savoia-Marchetti S55 era un idrovolante bimotore a doppio scafo prodotto dall'azienda italiana Savoia-Marchetti dal 1923, che batté numerosi record di velocità, altitudine, autonomia e capacità di carico. Con le celebri trasvolate oceaniche, divenne uno dei simboli dell'aeronautica militare e del progresso tecnologico italiano nei primi anni venti.

Un idrovolante Savoia Marchetti S55 I-TACO della Società Aerea Mediterranea era in servizio di linea dal1928 sulla linea Ostia-Terranova Pausania (Olbia)-Cagliari Elmas. 

Pubblicità della Società Aerea Mediterranea (da Ebay.it)


L'idrovolante S55 I-TACO a Cagliari Elmas nel 1928 (da www.gruppoonline.it)

Il mattino del 20 novembre 1929, mentre era in fase di ammaraggio nell’idroscalo Anfossi di Terranova Pausania, il velivolo improvvisamente si ribaltò.

L'idroscalo Anfossi di Olbia con tre velivoli
 (da Facebook, Cozza di Olbia Perlanera by 4B)

L’idrovolante ribaltato nel mare di Olbia
 (da Facebook, Racconti di golfo e cozza di Olbia)


L’idrovolante recuperato dopo l'incidente
(da Facebook, Racconti di golfo e cozza di Olbia)

La disgrazia trovò vasta eco sui quotidiani italiani ed inglesi. Le cronache raccontano che l’incidente era stato provocato da un effetto ottico creato dall’assoluta calma delle acque della baia, che non  permise al pilota di valutare esattamente l’altezza dell’aereo dall’acqua in fase di ammaraggio. A bordo del velivolo c’erano dodici persone, quattro dell’equipaggio e otto passeggeri, tra cui Henry Piercy. La lancia dell'idroscalo e due motopescherecci accorsero immediatamente. Tre passeggeri e un membro dell’equipaggio rimasero feriti o contusi, il corpo di Henry Piercy non fu al momento trovato tra i rottami del velivolo.


Corriere della Sera, 21 e 22 novembre 1929

The Times, 22 novembre 1929

Western Daily Press, 22 novembre 1929

Appena avuta notizia dell'incidente, la moglie Diana Theodoli, accompagnata dal cognato Conte Diego Salazar, si precipitò ad Olbia. Solo dopo alcuni giorni, il 26 novembre, due pescatori  ritrovarono il cadavere di Henry Piercy, in località "Punta de Su Niberu". Il corpo presentava un forte trauma alla tempia ed al cranio. Secondo il quotidiano La Nazione, il punto del ritrovamento era "a un miglio di distanza dal luogo dove era avvenuta la sciagura”.[23]

 
Giornale d'Italia, 30.11.1929


Il Corriere della Sera affermò che questa fu la prima tragedia mortale nella storia dell’aviazione civile italiana. L’incidente provocò varie polemiche e l’idroscalo civile di Olbia fu da allora saltato perché ritenuto poco sicuro. 

Giornale d'Italia, 24.11.1929
The Times, 12 dicembre 1929

La tragedia provocò grande sconcerto e dolore a Roma, a Sant’Anna Arresi e fra tutti i collaboratori di Henry Piercy. Donna Diana Theodoli, affranta dal dolore, decise di riportare il corpo del marito a Roma e di seppellirlo nel piccolo cimitero di Palidoro, a Fiumicino, sulla strada tra Roma e Civitavecchia.[24] 

La tomba di Henry Egerton Piercy è ancora oggi presente nel cimitero di Palidoro, anche se piuttosto trascurata.

La tomba di Henry E. Piercy a Palidoro

Nel 1928 Giba divenne Comune autonomo, accorpando Villarios, Masainas, Sant'Anna Arresi, Piscinas e Porto Pino. E' per questo che nell’archivio storico del Comune di Giba abbiamo potuto trovare una copia del testamento di Henry Piercy, in cui sono citati i seguenti beni relativi alla zona di Porto Pino, di cui egli nominò erede la moglie Donna Diana Theodoli: [25]

·  seminativi e pascoli a Sant’anna Arresi
·  fabbricato rurale a Is Pillonis
·  terreno seminativo a Currumanciu
·  pineta dello stagno
·  villa, parco e fabbricati annessi
·  fabbricato della pesca detto “dello stagno”
·  stagno di Maestrale
·  stagno delle pecore (Is Brebeis)
·  diritto esclusivo di pesca nel canale a mare appartenente al Demanio
·  pascoli e lo stagno di Foxi a Teulada

Dopo la morte del marito, Donna Diana decise inizialmente di proseguire l’opera del marito, ma questa volontà di conservare e sviluppare le proprietà di Porto Pino durò pochi mesi; troppo forti i ricordi degli anni felici passati con Henry, troppo vivo il dolore per la disgrazia, uniti al desiderio di rifarsi una vita.

Il 12 gennaio 1931 Donna Diana Theodoli si risposò a Roma, nella Basilica di Santa Teresa d'Avila, con il nobile siciliano Antonio Chiaramonte Bordonaro, Ambasciatore del Regno d’Italia nel Regno Unito, e si trasferì a Londra.

Diana Theodoli nel 1931

Il 28 aprile 1931 attraverso un procuratore vendette tutta la proprietà di Porto Pino alla S.A.V.I.A., Società Anonima Valori Industriali e Agrari di Roma.[26]

La S.A.V.I.A. trasformò la villa, che era una casa privata, nella sede di una società di bonifica, con gli uffici a piano terreno [27] e portò avanti i lavori di bonifica, grazie ad un finanziamento statale.

La concessione del finanziamento
 sul Corriere della Sera del 3 settembre 1931


L’opera riguardava la costruzione del canale di comunicazione dello stagno “del corvo” con il mare, spostandolo di 1900 metri più a ovest, per allontanarlo dalla bocca del canale di sfocio delle acque alte della bonifica. S.A.V.I.A. fece anche costruire un ponte sull’emissario dello stagno “Maestrale”; sino a quel giorno per accedere a Porto Pino era stato necessario guadare il canale.

Il ponte costruito dalla S.A.V.I.A. (foto archivio Corridori)

Fu realizzato anche un acquedotto che prendeva le acque da un pozzo a Gutturu Saidu e le portava attraverso le frazioni di Case Cinus e di Is Pillonis, sino alla villa. Sino a quel giorno la villa era stata rifornita d’acqua solo con botti trasportate da carri.[28] [29]

I massi utilizzati per costruire le sponde ed i moli del canale provenivano da una cava realizzata sulla collina a nord est di Porto Pino e venivano trasportati sino al mare con una piccola ferrovia a scartamento ridotto.[30]

La spiaggia negli anni ’30, sulla destra i moli del canale
(foto archivio Corridori)

Gli edifici retrostanti la villa vennero mantenuti per il personale amministrativo. La S.A.V.I.A. costruì anche altri edifici, un capannone che ospitava un generatore per la luce elettrica, un deposito per gli attrezzi agricoli, un forno che serviva tutta la comunità, una lavanderia, una rimessa per calessi ed una casa per il personale.[31]

Alcune case coloniche facenti parte dell’azienda agricola sono ancor oggi visibili. L’attuale ristorante “La Peschiera” era uno degli alloggi dei dipendenti della società [32] così come un edificio oggi inglobato nel villaggio turistico adiacente la villa.


Case coloniche a Porto Pino negli anni ’30
(foto archivio Corridori)

S.A.V.I.A. ampliò la peschiera ed avviò alcune coltivazioni sperimentali. Gli stagni di Porto Pino comunicavano in modo naturale con il mare attraverso il canale di circa 700 metri per una larghezza di 40 metri e una profondità media di 1,50 metri, permettendo alle acque interne un regolare flusso e deflusso di marea, anche durante il periodo invernale, quando il fiume Foxi in piena scaricava le sue acque negli stagni, e da questi, attraverso l’ampio canale, in mare. Il canale serviva inoltre alla montata naturale del pesce da febbraio ad aprile.[33]

Nel 1935, sulla penisola di Punta Menga, che delimita a nord la baia di Porto Pino, fu costruita dalla Marina Militare una Batteria di Cannoni antinave, per la difesa costiera del golfo di Palmas e del porto di Sant’Antioco. La Batteria, dedicata alla memoria dell’Ammiraglio Candiani, era armata da 4 grossi cannoni navali da 120/45, adatti anche al tiro contraereo, da 2 mitragliere antiaeree Oerlikon da 20 mm e da una Breda 37 da 8 mm. La scorta di munizionamento per i cannoni era di oltre 3000 proiettili. Il personale era composto da un centinaio di marinai comandati da tre ufficiali.[34]

Cannone della Batteria di Candiani
(foto da www.portopino.net)

Non ci sono notizie di intervento dei cannoni durante la seconda guerra mondiale, ma probabilmente furono utilizzate le mitragliere contro aerei ricognitori e caccia alleati [35]. I resti della batteria sono tuttora visibili e facilmente visitabili.

Al termine della seconda guerra mondiale, nel 1947, la Società S.A.V.I.A. fu venduta ad un industriale milanese, il Cavalier Regolo Balbo, che la acquisì per sé, per la figlia Letizia e per il genero Amos Corridori.

Ritratto del Cav. Regolo Balbo
(collezione Corridori)

Amos Corridori era stato un dipendente della S.A.V.I.A., per conto della quale si era stabilito a Porto Pino già nel 1932. Fu lui a segnalare al suocero l’opportunità di acquisire la società.

Nel 1953 Regolo Balbo cedette la presidenza della S.A.V.I.A. al genero Amos, che però di lì a poco si ammalò e fu costretto a passare al figlio Sergio la gestione dell’attività. Nel gennaio del 1957 Amos morì ed il figlio Sergio, con il fratello Alberto e le sorelle Gabriella e Carla, si trovò ad affrontare due avvenimenti che di lì a poco avrebbero segnato il destino dell’attività industriale della società.[36]

Nel 1958 lo Stato avviò l’esproprio dei terreni della proprietà che si trovavano nel territorio del Comune di Teulada per la creazione del Campo di Addestramento per Unità Corazzate.

Nel 1960 ancora lo Stato, attraverso i Monopoli di Stato, espropriò gli stagni per utilizzarli come vasche di prima evaporazione per le saline di Sant’Antioco.[37]

Questa operazione privò la società di 1000 ettari di bacini da pesca, che producevano oltre 1000 quintali di pescato all’anno, con conseguente cessazione dell’attività produttiva e del lavoro per circa 150 famiglie di pescatori. [38]

La grande villa costruita da Henry Piercy divenne la dimora di Sergio Corridori, della moglie Laura e dei suoi fratelli e sorelle. Nel 1967 arrivò finalmente a Porto Pino l’allacciamento alla rete elettrica nazionale e nel 1969 quello alla rete telefonica.

Negli anni seguenti, Sergio Corridori ed i suoi familiari dedicarono le proprie energie alla valorizzazione di Porto Pino, sviluppandone le potenzialità turistiche che l’hanno portata ad essere la località che oggi conosciamo.

Villa Piercy, oggi Corridori, domina ancor oggi la frazione di Porto Pino, testimone silenziosa della lungimiranza di un gentiluomo inglese di fine ‘800 e dell’impegno e della passione di chi ha proseguito la sua opera.

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Ringrazio sentitamente Laura Bianchi e la figlia Francesca Corridori per aver messo a mia  disposizione i loro ricordi ed i loro archivi, che sono stati fondamentali ai fini di tale ricerca. 



[1] Nel mezzo della vita, memorie di Donna Vera Mameli Piercy, Mancaspazio Nuoro 2020, pagg. 23-24

[2] www.luigiladu.it

[3] Wikipedia

[4] Tra il Galles e la Sardegna, G. Mameli, Carlo Delfino Editore, 2018, pagg. 73-75

[5] Donna Vera Mameli Piercy, op.cit., pag. 21

[6] www.fondanzionesardinia.eu

[7] Del Piano De Montis, La Compagnia reale delle Ferrovie Sarde, Badde Salighes e i Piercy, pag. 157

[8] Donna Vera Mameli Piercy, op.cit., pag. 37

[9] Ibidem, pag. 83

[10] Ibidem, pag. 74

[11] Del Piano De Montis, op.cit., pag. 158

[12] Archivio Storico Comune di Giba

[13] www.araldicasardegna.org

[14] Videolina, Sud Ovest del 26.4.18, intervista a Laura Bianchi

[15] Gazzetta del Sulcis Iglesiente dell’11.7.2013 pag.10

[16] J.R.Rodd, Social and Diplomatic Memories, 1902-1919, Chapter II, Rome, 1903-1904 

[17] Chester Courant del 12.8.1903, pag.4 

[18] www.portopino.sardegna.it

[19] Donna Vera Mameli Piercy, op.cit., pag. 83

[20] La Sardegna nei mei ricordi, Benjamin Herbert Piercy, pag. 179

[21] www.portopino.net

[22] Giornale d'Italia, 22 novembre 1929

[23] La Nazione, 28 novembre 1929

[24] Tra il Galles e la Sardegna, op.cit., pag. 111

[25] Archivio Storico Comune di Giba, Serie Lavori Pubblici, Fascicoli 11/1 e 16/1

[26] Archivio Storico Comune di Giba, cit.

[27] Videolina, cit.

[28] Archivio Storico Comune di Giba, cit.

[29] Intervista a Laura Bianchi, 12 ottobre 2022

[30] Ibidem

[31] Videolina, cit.

[32] www.portopino.net

[33] Gazzetta del Sulcis Iglesiente dell’11.7.2013 pag.10

[34] Monteverde - Belli, Insediamento e difesa del territorio nella Sardegna Meridionale, 1999, ed. Arkos

[35] www.portopino.net

[36] Intervista a Laura Bianchi, 12 ottobre 2022

[37] www.portopino.net

[38] Gazzetta del Sulcis Iglesiente, op. cit.


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