1979 - Cesano Boscone come New York
Un’esecuzione mafiosa degli anni ’70 ricostruita attraverso le cronache dei giornali dell’epoca.
Cesano Boscone, martedì 25 settembre 1979. All’angolo tra via Pasubio e Via Libertà, nei locali oggi occupati dalla Farmacia Pasubio, c’è il Bar Pizzeria Gigi, sempre affollato di gente, per lo più immigrati siciliani e calabresi che lo frequentano solitamente.
Il luogo del delitto oggi (da Google Maps) |
Verso le ore 18.00, giunge davanti al bar un uomo. Si chiama
Francesco Guzzardi. Al titolare del bar, Luigi Alfonso di 53 anni, originario
come lui di Giarre (Catania), non chiede alcuna consumazione, perché deve
attendere l’arrivo di alcuni “amici”. L’uomo va a sedersi in un tavolino
esterno, posto sul marciapiedi antistante il Bar Gigi, dalla parte di via
Libertà. Si accende una sigaretta ed inizia a fumare nervosamente. L’attesa si
prolunga per circa mezz’ora.
Ma chi è Francesco Guzzardi?
Francesco “Ciccio” Guzzardi è nato a Giarre, in provincia di Catania, 45 anni prima.
Nel 1962 si è trasferito al nord, stabilendosi in un cascinale in provincia di
Vigevano. Svolge in un primo tempo lavori umili, come manovale e muratore, in
vari cantieri edili dell’hinterland milanese. Ma ha ben presto modo di mettersi
in mostra come potente mafioso, al seguito del boss Luciano Liggio, di cui è
ritenuto amico e confidente ascoltato. Nel volgere di due anni la sua vita
cambia totalmente: Don Ciccio non fa più lavori di cantiere, ma compravendite di
derrate alimentari, olio e vino, e la costituzione di una solida impresa edile
di cui è l’unico proprietario. L’impresa Guzzardi dal 1964 al 1968 arriva ad occupare
duecento operai, quasi tutti siciliani al nord in soggiorno obbligato[1].
Dimostrando particolare abilità ma anche una certa spregiudicatezza, resa evidente da varie violazioni sulla normativa del lavoro, giunge a prestare la propria opera per la M.M., per la costruzione del quartiere San Felice e in altri cantieri di un certo rilievo[2] .
Nel 1966 viene processato a Bari insieme a Luciano Liggio.
Il Pubblico Ministero chiede 18 anni di reclusione per tentato omicidio, furti
e associazione a delinquere, ma viene assolto con formula piena[3].
Nel 1971 Guzzardi si costruisce una splendida villa in Via Donizetti
15, al Quartiere Zingone di Trezzano sul Naviglio, spendendo si dice oltre 100
milioni di lire. Ma le molteplici attività del boss mafioso, secondo gli
inquirenti, altro non sono che un paravento dei traffici che svolge, appoggiato
dal clan di Luciano Liggio, che gli tiene a battesimo uno dei cinque figli.
Con i fratelli, Francesco Guzzardi viene accusato del
sequestro a scopo di estorsione dell’industriale vigevanese Piero Torrielli,
avvenuto nel novembre 1972, e del dirigente piemontese Luigi Rossi di
Montelera, nel novembre 1973. Montelera viene liberato il 14 marzo 1974 dagli
agenti della Guardia di Finanza in un cascinale di Treviglio, di proprietà dei
fratelli Taormina. Don Ciccio trascorre per questo tre anni in carcere, ma a novembre del
1976 viene assolto per insufficienza di prove[4]. Poco dopo, un suo uomo viene trovato ucciso nel bagagliaio di un’auto a Porta Ticinese e uno zio viene freddato a Palermo[5].
Durante la detenzione a San Vittore, il boss è coinvolto in un oscuro episodio, l’accoltellamento di alcuni detenuti politici, tra cui l’avvocato Spazzali ed il brigatista Morlacchi. Il mandante dell’aggressione sarebbe proprio Francesco Guzzardi, disturbato nei suoi traffici mafiosi all’interno del carcere dai detenuti politici[1][6].
Quel 25 settembre del 1979, mentre siede al tavolino del Bar
Pizzeria Gigi di Cesano Boscone, Don Ciccio è in attesa del processo di appello
per i sequestri Torrielli e Montelera, che inizierà la settimana seguente, il 3
ottobre.
Chiede un aperitivo al cameriere, inizia a sorseggiarlo
lentamente. Sono le 18.30. Due mamme, che erano andate a prendere i figli all’asilo
di via Libertà, racconteranno agli inquirenti di aver visto arrivare una BMW
color azzurro metallizzato, che si ferma vicino al locale e dalla quale
scendono due uomini, dall’apparente età di 25-30 anni. Gli sconosciuti, uno
alto e biondo indossa maglione scuro a girocollo e pantaloni beige e l’altro un
maglione blu e pantaloni chiari, si dirigono al tavolo ove siede Guzzardi[7].
Inizia una concitata discussione, secondo alcuni testimoni
in stretto dialetto siciliano. All’improvviso, i due uomini estraggono da sotto
il maglione due pistole a tamburo e sparano in rapida successione, da distanza
ravvicinata, 6 o 7 colpi.
Francesco Guzzardi viene raggiunto da almeno quattro proiettili,
uno dei quali gli recide la carotide, provocando istantaneamente la morte. Gli
altri colpi l’hanno ferito al torace e all’addome. Il boss mafioso non può
neppure accennare una reazione. Rimane come inchiodato sulla sedia del bar, con
il corpo reclinato sul lato destro. I killer, dopo l’esecuzione, tornano velocemente
verso la BMW e partono in direzione della Vigevanese.
Scatta l’allarme. Sul posto giungono alcune pattuglie del nucleo radiomobile, militi della stazione di Trezzano sul Naviglio e della Compagnia di Porta Magenta, agli ordini del Capitano De Luca e agenti del nucleo investigativo. Iniziano le indagini, che appaiono subito difficili in quanto i molti clienti che affollano il bar (una trentina di persone) hanno visto o sentito poco o nulla. Anche a Trezzano, ove abita la vittima, le bocche sono cucite[8].
La stessa identificazione dell’ucciso, che non aveva
documenti, è resa possibile solo grazie al riconoscimento visivo del
Maresciallo Sturiale, che da anni segue le gesta del boss mafioso. Solo a tarda
sera i Carabinieri riescono a rintracciare le due donne che si erano recate all’asilo
per prelevare i figli e che hanno potuto assistere all’arrivo dei killer e
fornire i primi identikit[9].
Le prime indagini sono volte a capire come mai Don Ciccio si
trovasse a Cesano Boscone, in quanto dopo l’assoluzione del 1976 era stato
inviato al soggiorno obbligato in un paesino della Sardegna, ove avrebbe dovuto
trovarsi. Perché il luogotenente di Liggio è ritornato improvvisamente al Nord?
Chi lo ha accompagnato in via Pasubio, poiché non poteva guidare l’auto, in
quanto gli era stata ritirata la patente? Qualche ora prima, a duemila
chilometri di distanza, in una strada di Palermo la mafia ha ucciso il Magistrato
Cesare Terranova, che con le sue inchieste aveva firmato i rinvii a giudizio
che avrebbero portato Francesco Guzzardi sul banco degli imputati. E' stata solo una coincidenza straordinaria[10]?
Lotta Continua riferisce che il boss aveva in tasca un milione di lire in contanti. Era un incontro d’affari o qualcos’altro[11]? L'Unità ipotizza invece che Guzzardi sia stato ucciso in quanto teste pericoloso per il clan di Liggio o perché qualche boss emergente vuole scalzarlo dai vertici dell’organizzazione[12].
[1] Corriere d’Informazione, 26.9.1979
[2] Sentenza di primo grado del Tribunale di Milano, n. 4797/76 del 13.11.1976
[3] Corriere della Sera, 26.9.1979
[4] Corriere
d’Informazione, 26.9.1979
[5] L’Unità,
27.9.1979
[6] Venti
anni di violenza politica in Italia (1969-1988), Isodarco, 1992
[7] Corriere di Informazione, 26.9.1979
[8] Corriere della Sera, 27.9.1979
[9] Corriere di Informazione, 26.9.1979
[10] Ibidem
[11] Lotta Continua, 29.9.1979
[12] L'Unità, 27.9.1979
[13] Corriere della Sera, 11.1.2017