1980: Servizio Urgente in Via Salaino

L'omicidio del giornalista del Corriere della Sera Walter Tobagi è stato uno dei più tragici avvenimenti degli anni di piombo a Milano.  A distanza di oltre 40 anni, ho voluto ricostruire l'episodio attraverso i ricordi di chi intervenne per soccorrere il giornalista.


Walter Tobagi

Mercoledì 28 maggio 1980 è una fredda mattina di maggio. Il “Gazzettino Padano” della RAI anticipa una leggera perturbazione su Milano. Una tipica pioggerellina primaverile, accompagnata da una consistente diminuzione della temperatura.

Un'ambulanza della Croce Verde A.P.M. 

L’ambulanza “Romeo 19” della Croce Verde Assistenza Pubblica Milanese, dopo aver effettuato un primo trasporto al Policlinico, viene indirizzata dal Centralino Ambulanze 7733 alla colonnina di Piazzale Baracca.   Alla guida della lettiga, un Alfa Romeo F12 di colore verde scuro, come erano 40 anni fa tutti i mezzi della pluridecorata associazione volontaria milanese, c’è uno dei suoi migliori autisti, Enzo Zanni. Al suo fianco, il Capo Equipaggio Fulvia Morosini, una giovane volontaria di 22 anni che ha già maturato una grande esperienza di soccorritore.

Alle 10.30, Enzo parcheggia la Romeo 19 nello spazio riservato di Piazzale Baracca, spegne il motore e lascia accesa la radio, pronta a ricevere eventuali richieste di soccorso.

Negli stessi momenti, a pochi chilometri di distanza, nel piazzale della Stazione di Porta Genova, si incontrano alcuni ragazzi, quasi tutti coetanei di Fulvia.

Sono i componenti della Brigata 28 Marzo, giovani provenienti dall’Autonomia Operaia, che intendono mettersi in luce per arrivare ad entrare nelle Brigate Rosse. Marco Barbone, 21 anni, è il capo, e porta nel giaccone una calibro 9 corto con silenziatore montato ed una 38 special Smith & Wesson.  Mario Marano, 29 anni, è armato con una 7,65 silenziata. Francesco Giordano, 27 anni, carica la sua 357 Magnum. Daniele Laus, 22 anni, infila nelle tasche una 38 special. Paolo Morandini, 20 anni, è in bicicletta, disarmato.

Il gruppo si avvia verso via Solari e si apposta sotto la casa di Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera, presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti, che con i suoi articoli ha espresso giudizi durissimi sul terrorismo, firmando la sua condanna a morte.

Alle 11.10 Walter Tobagi esce dalla sua casa di via Solari e si dirige a piedi verso un garage di Via Valparaíso per ritirare la sua Fiat Ritmo grigia, con cui intende recarsi al Corriere. Percorre un breve tratto di Via Solari e gira a destra in Via Salaino, portandosi sul lato sinistro della strada.   Barbone e Marano sono appostati sull’altro lato della Via Solari, vicino ad un’edicola. Laus è l’autista del commando. Gli altri fanno da palo.

I due attraversano via Solari e si mettono dietro a Tobagi, a quattro o cinque metri di distanza. Il giornalista non si accorge di nulla, cammina svelto verso il garage. Ora è all’altezza di una trattoria che esiste tutt’oggi, nei pochi centimetri di marciapiede che separano le siepi dalle auto in sosta.

Marano spara il primo colpo alla schiena. Tobagi continua a camminare per alcuni secondi. Marano esplode altri due colpi.  Tobagi fa ancora due passi e cade. Barbone spara un colpo da due metri di distanza, si avvicina e spara l’ultimo colpo. I due salgono su una Peugeot 204 guidata da Laus e si allontanano velocemente verso via Montevideo.

La prima telefonata di un cittadino che richiede soccorso arriva pochi istanti dopo al Centralino Ambulanze del 7733. Il Vigile Urbano in servizio la trasmette telefonicamente alla sede dell’Associazione che ha l’ambulanza libera più vicina. È proprio la Romeo 19, in colonnina Baracca. Nella sede della Croce Verde A.P.M. la centralinista Mariangela Bartolla riceve la chiamata del 7733 e trasmette immediatamente la richiesta via radio alla Romeo 19. 

Mentre Enzo Zanni avvia il motore dell’ambulanza, Fulvia Morosini prende nota: “servizio urgente in via Salaino, altezza civico 12, una sparatoria con un ferito”.

Enzo accende la sirena, parte e conduce con mano sicura la Romeo 19 lungo Corso di Porta Vercellina, Viale Papiniano, Via Modestino, Via Solari. In pochissimi minuti la Croce Verde A.P.M. è sul posto.

Fulvia scende dall’ambulanza. Quelle che seguono sono i suoi ricordi odierni, a quarant’anni di distanza da quel tragico giorno.

“Quando arriviamo in via Salaino, sta piovendo. Mi dirigo verso quel corpo steso sul marciapiede bagnato. Vedo una borsa per terra, accanto al corpo. Mi chino sull’uomo, ha la faccia contro l’asfalto, lo scuoto leggermente, lo chiamo, non risponde.”

I protocolli di intervento di quarant’anni fa erano molto diversi da quelli odierni. Cosa hai fatto dopo?

“Cerco il polso carotideo. Noto alcuni fori sulla schiena del corpo. Sono chiaramente colpi di pistola. Un filo di sangue scende dalla nuca rigando il volto dell’uomo. Non c’è molto altro sangue intorno, la chiazza si allarga probabilmente sotto il corpo.  Non c’è polso, l’uomo è chiaramente morto. In quegli anni gli attentati terroristici erano purtroppo molto frequenti e le istruzioni erano di non alterare la scena del crimine in caso di vittime. Capisco che non posso fare più nulla.”



Cosa accadde in seguito?

“Comunico via radio che la persona è deceduta. Rimaniamo sul posto a disposizione. La scena comincia a riempirsi di gente, curiosi, poliziotti, che si accalcano intorno a me ed al cadavere. C’è una grande confusione. L’urlo delle sirene. È stato probabilmente in quei momenti che dalle voci dei presenti ho capito chi fosse la vittima. Ma la cosa che più ricordo e che mi rimarrà sempre in mente è un’altra, che avvenne negli istanti successivi.”

Raccontacela.

“Mentre siamo lì vicino al corpo, dopo forse due minuti, arriva una donna con una bambina piccola per mano. Fende la piccola folla e si avvicina. Guarda sconvolta l’uomo steso a terra. Inizia a ripetere scioccata ‘mio marito, mio marito…’.  Mi sembrò che la donna fosse capitata lì per caso, che non si aspettasse di trovare lì il marito morto. Ma la cosa che più mi ha colpito è la bambina, povera piccola, che comincia anche lei a ripetere ‘mio marito, mio marito’, imitando la madre. Avevo solo 22 anni. Questa scena non la potrò mai dimenticare.”

Vuoi aggiungere qualcosa?

“Si. Quando mesi dopo le indagini portarono all’arresto dei colpevoli, non ho potuto fare a meno di riflettere sul fatto che ragazzi come me, della mia età, della stessa città, dello stesso ambiente, potessero fare in quegli anni scelte così diverse dalle mie. Tutti noi allora volevamo cambiare il mondo; io avevo scelto di provare a cambiarlo attraverso il volontariato alla Croce Verde A.P.M., soccorrendo malati e feriti, loro sparando alle spalle di un uomo inerme. Mi sembrò incredibile. Ma vorrei aggiungere un’ultima riflessione.” 

Dicci pure.

“Fare volontariato in una pubblica assistenza è stata per me un’esperienza straordinaria, che consiglio a tutti i giovani d’oggi.  Ti fa sentire utile, ti arricchisce umanamente, ti fa vedere da un punto di vista diverso le tue difficoltà personali. Anche se quella mattina purtroppo non potei fare nulla per salvare la vita di Walter Tobagi, l’essere stata testimone di quel terribile evento ha contribuito in maniera determinante alla crescita della mia coscienza, morale e civile.”


Ringrazio Fulvia Morosini per aver voluto condividere i suoi ricordi.

 

Bibliografia:

Daniele Biacchessi, Walter Tobagi – Morte di un giornalista, Baldini Castoldi Dalai 2005

Benedetta Tobagi, Come mi batte forte il cuore, Einaudi 2009

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