1980: Servizio Urgente in Via Salaino
L'omicidio del giornalista del Corriere della Sera Walter Tobagi è stato uno dei più tragici avvenimenti degli anni di piombo a Milano. A distanza di oltre 40 anni, ho voluto ricostruire l'episodio attraverso i ricordi di chi intervenne per soccorrere il giornalista.
Walter Tobagi |
Un'ambulanza della Croce Verde A.P.M. |
Alle 10.30, Enzo parcheggia la Romeo 19 nello spazio
riservato di Piazzale Baracca, spegne il motore e lascia accesa la radio, pronta
a ricevere eventuali richieste di soccorso.
Negli stessi momenti, a pochi chilometri di distanza, nel
piazzale della Stazione di Porta Genova, si incontrano alcuni ragazzi, quasi
tutti coetanei di Fulvia.
Sono i componenti della Brigata 28 Marzo, giovani
provenienti dall’Autonomia Operaia, che intendono mettersi in luce per arrivare
ad entrare nelle Brigate Rosse. Marco Barbone, 21 anni, è il capo, e porta nel
giaccone una calibro 9 corto con silenziatore montato ed una 38 special Smith
& Wesson. Mario Marano, 29 anni, è
armato con una 7,65 silenziata. Francesco Giordano, 27 anni, carica la sua 357
Magnum. Daniele Laus, 22 anni, infila nelle tasche una 38 special. Paolo
Morandini, 20 anni, è in bicicletta, disarmato.
Il gruppo si avvia verso via Solari e si apposta sotto la
casa di Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera, presidente
dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti, che con i suoi articoli ha espresso
giudizi durissimi sul terrorismo, firmando la sua condanna a morte.
Alle 11.10 Walter Tobagi esce dalla sua casa di via Solari e
si dirige a piedi verso un garage di Via Valparaíso per ritirare la sua Fiat
Ritmo grigia, con cui intende recarsi al Corriere. Percorre un breve tratto di
Via Solari e gira a destra in Via Salaino, portandosi sul lato sinistro della
strada. Barbone e Marano sono appostati
sull’altro lato della Via Solari, vicino ad un’edicola. Laus è l’autista del
commando. Gli altri fanno da palo.
I due attraversano via Solari e si mettono dietro a Tobagi,
a quattro o cinque metri di distanza. Il giornalista non si accorge di nulla,
cammina svelto verso il garage. Ora è all’altezza di una trattoria che esiste
tutt’oggi, nei pochi centimetri di marciapiede che separano le siepi
dalle auto in sosta.
Marano spara il primo colpo alla schiena. Tobagi continua a
camminare per alcuni secondi. Marano esplode altri due colpi. Tobagi fa ancora due passi e cade. Barbone
spara un colpo da due metri di distanza, si avvicina e spara l’ultimo colpo. I
due salgono su una Peugeot 204 guidata da Laus e si allontanano velocemente verso
via Montevideo.
La prima telefonata di un cittadino che richiede soccorso arriva pochi istanti dopo al Centralino Ambulanze del 7733. Il Vigile Urbano in servizio la trasmette telefonicamente alla sede dell’Associazione che ha l’ambulanza libera più vicina. È proprio la Romeo 19, in colonnina Baracca. Nella sede della Croce Verde A.P.M. la centralinista Mariangela Bartolla riceve la chiamata del 7733 e trasmette immediatamente la richiesta via radio alla Romeo 19.
Mentre Enzo Zanni avvia il motore dell’ambulanza, Fulvia
Morosini prende nota: “servizio urgente in via Salaino, altezza civico 12, una
sparatoria con un ferito”.
Enzo accende la sirena, parte e conduce con mano sicura la
Romeo 19 lungo Corso di Porta Vercellina, Viale Papiniano, Via Modestino, Via
Solari. In pochissimi minuti la Croce Verde A.P.M. è sul posto.
Fulvia scende dall’ambulanza. Quelle che seguono sono i suoi
ricordi odierni, a quarant’anni di distanza da quel tragico giorno.
“Quando arriviamo in via Salaino, sta piovendo. Mi dirigo
verso quel corpo steso sul marciapiede bagnato. Vedo una borsa per terra,
accanto al corpo. Mi chino sull’uomo, ha la faccia contro l’asfalto, lo scuoto
leggermente, lo chiamo, non risponde.”
I protocolli di intervento di quarant’anni fa erano molto
diversi da quelli odierni. Cosa hai fatto dopo?
“Cerco il polso carotideo. Noto alcuni fori sulla schiena
del corpo. Sono chiaramente colpi di pistola. Un filo di sangue scende dalla
nuca rigando il volto dell’uomo. Non c’è molto altro sangue intorno, la chiazza
si allarga probabilmente sotto il corpo.
Non c’è polso, l’uomo è chiaramente morto. In quegli anni gli attentati
terroristici erano purtroppo molto frequenti e le istruzioni erano di non
alterare la scena del crimine in caso di vittime. Capisco che non posso fare
più nulla.”
Cosa accadde in seguito?
“Comunico via radio che la persona è deceduta. Rimaniamo
sul posto a disposizione. La scena comincia a riempirsi di gente, curiosi,
poliziotti, che si accalcano intorno a me ed al cadavere. C’è una grande
confusione. L’urlo delle sirene. È stato probabilmente in quei momenti che
dalle voci dei presenti ho capito chi fosse la vittima. Ma la cosa che più
ricordo e che mi rimarrà sempre in mente è un’altra, che avvenne negli istanti
successivi.”
Raccontacela.
“Mentre siamo lì vicino al corpo, dopo forse due minuti,
arriva una donna con una bambina piccola per mano. Fende la piccola folla e si
avvicina. Guarda sconvolta l’uomo steso a terra. Inizia a ripetere scioccata
‘mio marito, mio marito…’. Mi sembrò che
la donna fosse capitata lì per caso, che non si aspettasse di trovare lì il
marito morto. Ma la cosa che più mi ha colpito è la bambina, povera piccola, che
comincia anche lei a ripetere ‘mio marito, mio marito’, imitando la madre.
Avevo solo 22 anni. Questa scena non la potrò mai dimenticare.”
Vuoi aggiungere qualcosa?
“Si. Quando mesi dopo le indagini portarono all’arresto
dei colpevoli, non ho potuto fare a meno di riflettere sul fatto che ragazzi
come me, della mia età, della stessa città, dello stesso ambiente, potessero
fare in quegli anni scelte così diverse dalle mie. Tutti noi allora volevamo
cambiare il mondo; io avevo scelto di provare a cambiarlo attraverso il
volontariato alla Croce Verde A.P.M., soccorrendo malati e feriti, loro
sparando alle spalle di un uomo inerme. Mi sembrò incredibile. Ma vorrei
aggiungere un’ultima riflessione.”
Dicci pure.
“Fare volontariato in una pubblica assistenza è stata per
me un’esperienza straordinaria, che consiglio a tutti i giovani d’oggi. Ti fa sentire utile, ti arricchisce
umanamente, ti fa vedere da un punto di vista diverso le tue difficoltà
personali. Anche se quella mattina purtroppo non potei fare nulla per salvare
la vita di Walter Tobagi, l’essere stata testimone di quel terribile evento ha
contribuito in maniera determinante alla crescita della mia coscienza, morale e
civile.”
Ringrazio Fulvia Morosini per aver voluto condividere i suoi ricordi.
Bibliografia:
Daniele Biacchessi, Walter Tobagi – Morte di un giornalista,
Baldini Castoldi Dalai 2005
Benedetta Tobagi, Come mi batte forte il cuore, Einaudi 2009