I Fondatori della Croce Verde di Milano
In quest’anno 2025 che vede ricorrere il 120° anniversario di fondazione della Croce Verde di Milano, ho voluto ricostruire come si arrivò alla sua costituzione, chi ne furono i protagonisti, quali gli scopi che si erano dati e quali furono i membri del primo consiglio d’amministrazione. È stata una ricerca appassionante, che mi ha condotto attraverso vari archivi a Milano, in Toscana e che si è conclusa… in Argentina.
“Viviamo in un secolo nel quale la carità va fatta per la
carità; l’uomo forte, robusto deve aiutare il fiacco, il debole. Per giungere a
questo fine non occorrono mezzi antiquati, che mal si addicono alle esigenze
dell’oggi. La carità è in sé stessa una religione; non devesi quindi far la
carità per gli interessi di una religione qualsiasi, ma perché il dovere ce l’impone.”[1]
Così si esprimeva nel 1891 Filippo Renato Pittoreggi in un
opuscolo dedicato al Presidente della Croce Verde di Firenze, in cui illustrava
i pregi di una nuova tipologia associativa, le compagnie di pubblica
assistenza, e invitava gli operai ad aderirvi numerosi.
Le radici storiche delle pubbliche assistenze si ritrovano
nelle “Società Operaie di Mutuo Soccorso”, attive negli stati sabaudi già dal
1848, che nacquero come una forma di autotutela delle nuove classi di salariati
ed operai nei confronti delle malattie, degli infortuni, della morte, ma anche
rispetto alla necessità di formazione alle arti e mestieri.[2]
Nate in Italia a partire dagli anni settanta dell’ottocento
e cresciute di numero nel decennio successivo, le associazioni di pubblica
asisstenza assolvevano un duplice compito. Da un lato prestavano la loro opera
nel caso di eventi calamitosi quali terremoti, incendi, alluvioni, epidemie,
organizzando le squadre di soccorso; dall’altro svolgevano una quotidiana opera
di assistenza agli ammalati, ai poveri e ai bisognosi, garantendo loro il
trasporto gratuito agli ospedali, la somministrazione di medicinali, il cambio
di biancheria, turni di vigilanza diurna e notturna. Effettuavano inoltre
interventi di pronto soccorso nei casi di incidenti o di infortuni, prestando
le prime cure ai feriti e riuscendo a salvare non poche vite umane.[3]
Il primo congresso nazionale delle pubbliche assistenze, che
si svolse alla Spezia nel 1892, vide la partecipazione di 24 associazioni, di
cui ben 12 ubicate in Toscana, confermando il ruolo guida di questa regione dal
punto di vista dell’associazionismo popolare.
Si possono individuare quali elementi decisivi nel favorire
il radicamento di questa tipologia associativa, oltre alla fitta trama delle
società di mutuo soccorso, la presenza di una rete di logge massoniche molto
impegnate sul versante della filantropia laica e quella di numerose società di
reduci garibaldini e di veterani dell’esercito. Questi ultimi trovavano nella
pubblica assistenza e nel soccorso ai bisognosi una nuova forma di
volontariato, che da politico diveniva sociale, alle istanze patriottiche
sostituiva quelle umanitarie, ma che manteneva come tratto distintivo quel
solidarismo laico e democratico e quell’aspirazione ad un rinnovamento profondo
della società.[4]
Nell’agosto 1899 fu fondata a Viareggio la confederazione
toscana fra le società di pubblica assistenza, forte di 31 associazioni; ed è
proprio dalla Toscana che proviene il seme da cui germoglierà la Croce Verde di
Milano. Un gruppo di toscani trasferiti a Milano, con l’aiuto di alcuni
conoscenti milanesi, decise di dar vita ad una associazione simile a quelle che
già esistevano nella loro regione.
Ecco cosa sono riuscito a scoprire su alcuni di essi, che
assunsero i ruoli di maggiore responsabilità nell’Associazione.
Pietro Raveggi
Pietro Raveggi è stato un archeologo, giornalista e pubblicista italiano. Nacque ad Orbetello, in provincia di Grosseto, il 10 agosto 1872, da una famiglia borghese che annoverava liberi professionisti, imprenditori, amministratori pubblici e ferventi patrioti.
Il padre, Pericle,
era proprietario di un forno. La famiglia Raveggi partecipò attivamente alle
lotte per l’indipendenza e l’unità d’Italia, contribuendovi in qualità di
combattenti, ma anche economicamente, specialmente in occasione della sosta
fatta da Garibaldi a Talamone nel corso della spedizione dei Mille. Raveggi,
uomo di molteplici passioni e interessi, poco più che ventenne si dedicò agli
studi sociologici che si stavano diffondendo proprio in quel periodo; tale
nuova disciplina e lo spirito libertario respirato in famiglia portarono il
giovane Raveggi ad assumere un indirizzo politico vicino al socialismo
libertario[5]
e ad aderire successivamente al movimento anarchico, divenendo il segretario
della sezione di Orbetello. Questo lo fece finire subito sotto il controllo
della autorità.[6]
Anche ad Orbetello, nel 1890, era stata fondata una pubblica
assistenza, con il compito di assistere e soccorrere gli ammalati e i bisognosi
e con intenti umanitari laici, venati da un vago anti clericalismo, come
diretta emanazione del liberalismo risorgimentale.[7]
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Volontari della P.A.
di Orbetello (da crocerossacostadargento.it) |
Nel 1892 e nel 1894 ad Orbetello vennero effettuati due
attentati dinamitardi, la cui paternità fu attribuita agli anarchici. Essendo
considerato dalle autorità “uno dei capi della setta anarchica di Orbetello”
Raveggi fu subito coinvolto nelle indagini. “Giovane irruente e
attaccabrighe”, ritenuto “capace a commettere qualsiasi delitto”, fu
arrestato il 23 febbraio 1892 per l’esplosione della bomba diretta ad attentare
alla vita del sindaco di Orbetello, ma fu rilasciato dopo cinque mesi di
detenzione per insufficienza di prove. Quando nell’agosto 1894 ci fu il secondo
attentato contro la Regia Pretura di Orbetello, Raveggi fu nuovamente
arrestato. L’arresto durò poco, ma la Commissione Provinciale propose per lui
un anno di domicilio coatto, da scontare nella colonia penale di Porto Ercole.
Raveggi si difese, inviando una memoria scritta in cui si definiva “utopista
e studioso”, aggiungendo: “se ho ardito pensare con il mio cervello, ciò
mi è stato insegnato dai membri della mia Famiglia, che [...] accorsero in
sette sui vari campi delle battaglie dell’Indipendenza italiana”. La
Commissione non tenne in alcun conto la memoria e Raveggi, per sfuggire al
provvedimento, preferì espatriare clandestinamente, recandosi per la prima
volta a Tunisi nel dicembre 1894.[8]
Qui pubblicò diversi articoli di carattere politico e sociale sul giornale
anarchico “La Protesta Umana”, con lo pseudonimo di Evening.[9]
Il 19 febbraio 1895 veniva condannato ad un anno di
domicilio coatto a Porto Ercole, ma nello stesso giorno gli veniva concessa la
libertà condizionale e sottoposto ad un anno di vigilanza speciale. Raveggi
rientrò quindi da Tunisi ad Orbetello per scontare la pena inflittagli. Nei
mesi successivi presentò due istanze per essere prosciolto dall’obbligo di
vigilanza, ma entrambe vennero respinte.[10]
Al 1895 risale anche la sua iscrizione alla Loggia Massonica di Orbetello.[11]
Nel maggio 1896, previa autorizzazione delle autorità
competenti, si trasferì a Pitigliano, per lavorare in una tipografia. Mentre si
trovava a Pitigliano, avvenne però un fatto che rese necessaria la completa
rilettura dei due attentati attribuiti agli anarchici.
Il Tribunale di Grosseto condannò Raffaele Santoro, già
Questore di Grosseto e direttore della Colonia Penale di Porto Ercole per
peculato, truffa, corruzione e concussione: gli attentati del 1892 e 1894 erano
stati organizzati dal Santoro, allo scopo di colpire duramente gli anarchici e
creare in questo modo i presupposti per una sua brillante carriera. Pietro
Raveggi fu scagionato completamente da tutte le false accuse addebitategli.
Nel 1897, munito questa volta di regolare passaporto
rilasciatogli dalla Prefettura di Grosseto, Pietro Raveggi all’età di 25 anni, tornò
in Tunisia, dove soggiornò per un paio di mesi lavorando come contabile. Dopo
di che si trasferì negli Stati Uniti, stabilendosi a Paterson, ne New Jersey,
dove sembra aver commerciato in vini e liquori.
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La città di Paterson a fine ‘800 (da www.storiain.net) |
Andò lì non per lavorare, ma a fare l’esule; non si mosse
per necessità, ma per un fine ideologico. Non abbiamo molte notizie relative ai
tre anni che Raveggi trascorse a Paterson; è certo però che continuò a
collaborare con giornali anarchici sui quali scriveva con lo pseudonimo di
Evening e che frequentò l’importante comunità anarchica di emigrati italiani.
La città di Paterson era un centro dell’industria tessile di
primaria importanza e per questo aveva attirato una nutrita colonia di operai
specializzati italiani, provenienti prevalentemente dalle zone tessili di
Biella, Como e Prato, che vivevano in un quartiere che ancor oggi si chiama
“Little Italy” e tra cui erano molto numerosi gli anarchici.
Dopo circa tre anni negli Stati Uniti, all’inizio di aprile
del 1900 Raveggi rientrò in Italia. Aveva 28 anni. Pochi mesi dopo, il 29
luglio 1900, il Re Umberto I veniva assassinato a Monza dall’anarchico Gaetano
Bresci.
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Gaetano Bresci uccide Re Umberto I a Monza (da
www.ilgiornale.it) |
Le autorità di P.S. collegarono immediatamente Bresci a
Raveggi, poiché entrambi avevano vissuto a Paterson e quindi era presumibile
che si fossero conosciuti e frequentati. Inoltre, al momento dell’arresto, fu
trovato in tasca a Bresci uno dei giornali anarchici di Paterson su cui
scriveva Raveggi e dalle indagini risultò anche che Raveggi era andato da
Orbetello a Milano nei giorni precedenti l’attentato al re. Raveggi fu quindi fermato,
ma dopo pochi giorni fu rilasciato in quanto due influenti massoni, Francesco
Diaz De Palma, un medico di Orbetello che viveva a Milano, e Giovanni Pons,
titolare della ditta di commercio di carbone presso cui lavorava,
testimoniarono che il 28 ed il 29 luglio non si era mai allontanato da Milano. [12]
Negli anni successivi Pietro Raveggi rimase a vivere a
Milano, si sposò con la piemontese Emma Squassi, con la quale generò tre figli,
ed iniziò la carriera di giornalista.
Luce e Ombra, Milano,
1903 |
Nella città lombarda divenne redattore capo della rivista
«Luce e Ombra» e iniziò una serie di collaborazioni con diverse testate, fra
cui «La Vita internazionale» diretta da Teodoro Moneta, «La Nuova parola» di
Roma, il «Coenobium» di Lugano. Nel
periodo milanese Raveggi si interessò anche alla "metapsichica" -
così allora veniva chiamata la parapsicologia - sostenendo numerose conferenze
fa il 1901 e il 1906. Grazie al suo impegno venne nominato socio onorario della
Società di studi psichici.[13]
A Milano, il suo pensiero politico iniziò ad evolvere: pur
rimanendo legato a quei principi di dedizione alla classe operaia, di giustizia
sociale e di libertà che lo avevano animato sino ad allora, iniziò ad
allontanarsi dall’anarchia, passando “…da un intenso bisogno di odio ad un
desiderio possente di amore e di affetto verso tutti”.
Cominciò quindi a considerare il socialismo umanitario come
l’unico strumento idoneo a favorire tutte quelle forme di cooperazione e
solidarietà sociale necessarie per superare le asprezze e le difficoltà
dell’esistenza. Fu proprio questa forte proiezione verso il sociale che lo
spinse, insieme ad un gruppo di altri maremmani e toscani residenti a Milano e
ad altre persone che operavano nei più svariati settori, a dar vita alla
Società Volontaria di Soccorso Croce Verde.
Francesco Diaz De Palma
Nacque ad Orbetello il 27 marzo 1860 da Antonio e Luigia
Papacchini. Dopo gli studi e la laurea in medicina, lavorò in Toscana e Lazio.
Nel 1895 è medico condotto ad Orbetello[14]
e risulta iscritto alla locale loggia massonica.[15]
Nel 1903 è a Milano[16], ove
opera come medico chirurgo con studio in via Camminadella 24.[17]
Alla professione sanitaria affianca anche l’attività di poeta, traduttore di
testi classici ed entomologo. Amico di Pietro Raveggi, condivise con lui gli
ideali che portarono alla fondazione della Croce Verde e gli fornì l’alibi che
fece cadere le accuse di un suo coinvolgimento nell’attentato al Re Umberto I.
Socio fondatore della Croce Verde, non assunse ruoli nel
primo consiglio d’amministrazione dell’Associazione, ma fu tra i principali
sostenitori e contribuenti.
Alessandro Gusmini
Nato a Lodi, abitante a Milano in via Vitruvio 7, era un imprenditore,
titolare in proprio o in società di varie attività.[18]
Consigliere d’amministrazione della Banca Credito Lombardo,[19]
era anche fabbricante di cravatte, busti e passamanerie con negozio a Milano in
via Felice Casati 7/9.[20]
Cartolina della ditta
Gusmini |
Socio fondatore della Croce Verde, Alessandro Gusmini ricoprì la carica di
Consigliere nel primo mandato.
Genesio Vivarelli
Genesio Vivarelli era nato anch’egli a Orbetello, il 20
gennaio 1879, da una famiglia piccolo borghese, composta di liberi
professionisti e funzionari pubblici. Studiò presso il Politecnico di Milano,
dove nel settembre 1901, a soli 22 anni, si laureò in ingegneria con ottimi
risultati, che lo fecero annoverare tra i primi licenziati del suo corso.
Frequentò anche il corso di Igiene applicata all’Ingegneria con punteggio 100
su 100.[21]
Corriere della Sera
15 gennaio 1901 |
Dopo la laurea, si stabilì a Milano, facendone la sua città
di adozione, perché sentiva di aver trovato in quella grande metropoli, fin da
quando vi era giunto per effettuare i suoi studi, un vasto campo di attività,
favorevole alle sue iniziative e alle sue energie.
Appena giunto a Milano, fermo nei principi laici che egli
apertamente aveva sempre manifestato, militò nelle file della democrazia,
iscrivendosi alla “Società Democratica Lombarda”, la più antica e importante
tra le associazioni radicali italiane.[22]
Era anche consigliere della Lega fra gli Inquilini, che
si batteva per la costituzione di cooperative per la costruzione di case
popolari.[23]
Corriere della Sera,
19 luglio 1906 |
Nel suo bene avviato studio milanese aveva saputo allacciare
relazioni d’affari con molte importanti ditte industriali italiane e con note
ditte industriali inglesi, francesi e americane. Era iscritto ad una Loggia
Massonica milanese. Fu libero docente al Politecnico e per circa dieci anni fu
insegnante amato e apprezzato della Scuola Allievi Capi Mastri di Via
Montebello. Era anche uno scrittore egregio nelle sue materie professionali,
lasciando molti importanti lavori, fra cui i due Manuali Hoepli: “L’Arte del
costruttore” e “Il Manuale Tecnico-Legislativo dell’Edilizia”, che furono molto
apprezzati dai tecnici e dalla stampa.[24]
Socio fondatore della Croce Verde, ricoprì la carica di Vice
Presidente nel primo mandato.
Eugenio Bajla
Eugenio Bajla era un medico igienista, capo sezione
dell’Ufficio Igiene del Comune di Milano, poi docente alla Regia Università di
Pavia, membro della Reale Società d’Igiene, libero docente di igiene
sperimentale nella Regia Università di Milano. Aveva il suo Studio in Milano,
in Via F. Corridoni 11.[25]
Di fede socialista,[26] nel 1907
fu fondatore della Lega popolare milanese contro l'alcoolismo.[27]
Come l’Ing. Vivarelli, Eugenio Bajla era consigliere della Lega fra gli
Inquilini, che si batteva per la costituzione di cooperative per la costruzione
di case popolari. Era anche docente dell’Università Popolare, che erogava
gratuitamente corsi aperti a tutti.[28]
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Malattie del Lavoro (1900) |
Come si medica una
ferita (1920) |
Eugenio Bajla fu un prolifico scrittore e divulgatore e
pubblicò numerosi libri a carattere scientifico e sanitario, tra cui “Malattie del Lavoro" (1900), "L'Assistenza
ai malati” (1901), "Malattie professionali e igiene del lavoro” (1911), “Istruzioni
riguardanti i soccorsi d'urgenza da apprestarsi in attesa del medico” (1912), “I
primi soccorsi : manuale pratico di soccorsi d'urgenza” (1914), “La febbre
tifoide in Milano nel quinquennio 1911-1915” (1921), “Come si medica una
ferita, come si soccorre un malore improvviso” (1920), “Il pericolo dei tumori
maligni” (1923), “L’Ileotifo” (1926), “Brevi istruzioni sui cibi e
sull'alimentazione” (1927), “La scienza di Esculapio a Milano” (1930).
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La scienza di
Esculapio a Milano- 1930 (collezione Minissi) |
In quest’ultimo libro un intero capitolo è dedicato alla
Croce Verde, di cui fu socio fondatore; il Dott. Bajla ricoprì la carica di
Consigliere dell’Associazione per due mandati, dal 1906 al 1907, e
successivamente quella di Ufficiale Sanitario.
Corriere della Sera,
21 agosto 1909 |
Alberto Dalmazzoni
Nato a Livorno, di professione ragioniere, insieme a Bajla e
Vivarelli era socio della Lega degli inquilini. Abitava in Milano via
Cappellini 7.[29]
Socio fondatore della Croce Verde, Alberto Dalmazzoni ricoprì la carica di Segretario
nel primo mandato.
Emilio Clericetti
Emilio Clericetti nacque a Milano, probabilmente nel 1864.
Era figlio di Celeste Clericetti e Cecilia Ronchetti.
Il padre, Celeste Clericetti (1835-1887), fu una figura di
spicco della cultura e del dibattito milanese. Laureatosi in matematica a Pavia
nel 1853, insegnò all'Istituto Tecnico Superiore (oggi Politecnico) di Milano
dalla sua fondazione; nel 1863 ricoprì la cattedra di disegno edile, dal 1864 quella di scienza delle costruzioni. Grazie alla sua esperienza nel campo delle
costruzioni, collaborò a numerosi incarichi per la realizzazione di monumenti
pubblici.[30]
Nel 1876 progettò e realizzò il primo forno crematorio della città di Milano,
al Cimitero Monumentale.[31]
La città di Milano gli ha intitolato una via in zona Città Studi.
Il figlio Emilio studiò al Liceo Cesare Beccaria di Milano,
il più antico della città, e si diplomò nel 1883.[32]
Nell'autunno del 1883 si iscrisse alla Facoltà di Medicina dell'Università di
Torino, dove si laureò alla fine dell'anno accademico 1888/1889.[33]
Dopo aver assolto il servizio militare come tenente medico, Emilio
Clericetti è citato nel 1890 come chirurgo praticante assumibile presso
l'Ospedale Maggiore di Milano.[34]
Nel 1902 riceveva in uno studio in via Borgonuovo 29[35].
Nel 1896 fu nominato vice-segretario della Reale Società Italiana di Igiene.[36]
Qui conobbe sicuramente il Dott. Eugenio Bajla. Nel 1897 pubblicò un articolo
dal titolo “Contributo alla profilassi della sifilide” sul Giornale della Reale
Società Italiana di Igiene.[37]
Nel 1903, il Dott. Emilio Clericetti aveva il suo studio a
Milano, in Piazza Castello, n. 3 (Palazzo Eden), dove riceveva i pazienti dalle
10.00 alle 11.00 e dalle 15.00 alle 17.00. Era indicato come specialista in
malattie dell'orecchio, del naso e della gola e dirigente della sezione di
Otorinolaringoiatria dell'Istituto Politerapeutico.[38]
Emilio Clericetti fu socio fondatore della Croce Verde e ne
è stato il primo Presidente.
La fondazione della Croce Verde di Milano
Gli incontri e le trattative tra gli emigrati toscani e un gruppo di volenterosi cittadini milanesi allo scopo creare la Croce Verde iniziarono all’inizio del 1905. Oltre ai sette soci fondatori sui quali ho potuto raccogliere informazioni, i vari documenti dell’epoca indicano tra i soci fondatori anche i nomi di Francesco Mascagni, Scipione Scipioni, Primo Scarafiocca, Giuseppe Vitè, Quinto Rossi, Ugo Cardosi, Attilio Maino, Ottorino Fogazzi, Vitaliano Spanio, Dionigi Borroni, Antonio Gozzi, Pasquale Martini, M.T. Marchetti , Ugo Pellegrini, Amedeo Disegni, Policarpo Dainelli e Giuseppe Bini.[39] [40] [41] Mi auguro che future ricerche possano consentirmi di ricostruire qualcosa anche su costoro!
“Il 26 maggio 1905
da un gruppo di toscani promotori fu fondata la Croce Verde. Incerti furono i
primi passi, non lievi le difficoltà da superare anche per le diverse correnti
d’opinioni che si manifestarono in seno al primo comitato promotore; ognuno dei
convenuti si può dire che facesse qualche proposta e sulle prime si voleva
dalla maggioranza la fusione colla consorella Assistenza Pubblica, da ben
cinque anni operante nella città, fusione che non si poté però ottenere. In
meno di un anno si compilarono e approvarono statuto e regolamento.”[42]
Un mese dopo, il 26 giugno 1905, il Corriere della Sera
riferiva su uno dei primissimi soccorsi effettuati dalla Croce Verde.
Erano presenti un centinaio di soci[43]
che elessero il primo consiglio d’amministrazione: Presidente, il Dottor Emilio
Clericetti, Vicepresidente, l’Ingegner Genesio Vivarelli, Segretario, il
Ragionier Alberto Dalmazzoni; Raveggi, Bajla, Gusmini e altri 5 volonterosi furono
eletti consiglieri.
Al Sindaco di Milano, Commendator Ettore Ponti, Senatore del
Regno, fu affidata la Presidenza Onoraria.
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Senatore Ettore Ponti, Sindaco di Milano, Primo Presidente Onorario della Croce Verde |
Scriverà il Dottor Bajla: “Io ricordo di aver fatto parte
del primo Consiglio della Croce Verde, presieduto dal dottor Clericetti. Gli
inizi non furono molto brillanti: la società era costituita, ma era priva non
solo di sede, ma perfino di lettiga per trasporto feriti. E fu in una
memorabile seduta in via San Paolo che, pur mancando i fondi, si decise di
provvedere egualmente all’acquisto di una lettiga a trazione umana, presso una
ditta della Toscana.”[44]
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La prima lettiga
della Croce Verde (Archivio C.V.A.P.M.) |
L’11 marzo 1906 la Croce Verde distribuì ai cittadini milanesi un volantino di presentazione dell’Associazione, nel quale si riconosce l’impegno di Pietro Raveggi, quando leggiamo questi capoversi:
“Milanesi! Purtroppo
in Milano il servizio di Assistenza Pubblica lascia ancora molto a desiderare e
non ha raggiunto quel grado di speditezza e di sviluppo, che toccò in varie
parti d’Italia come a Genova e Spezia e specialmente in Toscana, dove le città
di Pisa, Siena, Livorno, Grosseto, Orbetello, vantano oggi delle Associazioni
del genere, che per il loro funzionamento e i loro servigi si son rese
meritevoli di tutta la riconoscenza cittadina… Trasporto gratuito dei feriti e
dei malati a domicilio o agli ospedali, assistenza a domicilio per i malati
poveri, previdenza operaia, appoggio ad ogni iniziativa d’Assistenza Pubblica:
ecco i caposaldi di questo programma... Concittadini! Le mire della nostra
società ve le abbiamo manifestate: esse rispondono al bisogno urgente cementare
vieppiù quei legami di solidarietà sociale che formano l’armonia e il vanto
delle popolazioni progredite… Concittadini! Ora il nostro appello attende una risposta larga,
benevola, incoraggiante… Milano offrirà
certamente i mezzi perché il nostro sodalizio conquisti, per concorso di militi
e per metodo di organizzazione, il primato d’Italia!” [45]
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Volantino dell’11
marzo 1906 (Biblioteca Comunale di Orbetello) |
Il 7 aprile 1906, nelle scuole di Via Felice Casati, Pietro
Raveggi tenne una conferenza intitolata “Il Dovere dell’Assistenza Pubblica", per
spiegare la necessità di creare una Pubblica Assistenza a Milano. Trascrivo
alcuni passi del suo discorso, conservato oggi nella Biblioteca Comunale di
Orbetello.
“Signori, Gentili Signore,
io vi parlerò alla buona, molto alla buona, perché lo
stesso argomento non domanda né volate retoriche, né frasi d’enfasi parolaia…
Si tratta di dimostrare se in questa città si senta veramente il bisogno e
l’urgenza di costituir una società come la nostra, che si proponga il compito
dell’Assistenza Pubblica. So bene che a Milano non mancano gli istituti di
ricovero, di soccorso e di carità… e so pure che molti di voi riterrete qui,
forse non necessaria, per non dire inutile, la costituzione della nostra società.
Io però vi faccio osservare che in tutti questi enti di
beneficenza cittadina succede spesso che il loro aiuto arriva troppo tardi, là
dove occorreva invece un pronto soccorso e un’assistenza fraterna ed efficace.
Questo bisogno non lo potranno sentire le classi elevate ed agiate, ma le
classi lavoratrici, la cui esistenza è insidiata da mille sinistri sul lavoro e
da svariate forme di morbi infettivi… Chi non sa che molte volte da un pronto
soccorso, da un sollecito trasporto dipende la vita di un individuo? Qualcuno
mi obbietterà: ma a Milano non ce n’è bisogno, ci sono ad ogni passo le
farmacie, e per il trasporto dei feriti servono le carrozze, come si è fatto
sempre... Nossignori!
Altra cosa è trasportare un ferito in un carro lettiga,
con ogni comodità, adagiato con tutte le dovute cautele da mani esperte e
capaci di fare le prime cure, invece che in una carrozza, nella quale sia meso
dai primi capitati. Ve lo potrebbero testimoniare le popolazioni di altre
città, che tutti i giorni provano i benefici e la correttezza di simili
servizi, disimpegnati da squadre valenti di giovani baldi e volenterosi di
quelle locali Compagnie di Pubblica Assistenza. Il nostro sodalizio si propone
di fare altrettanto in Milano, e Milano deve conquistare il primato in
quest’opera di carità e di pietà.
Conferenza del 7
aprile 1906 (Biblioteca Comunale di Orbetello) |
La nostra istituzione mira dunque, oltre a stabilire una
sede sociale nel centro città, arredata di tutto il materiale più moderno e più
adatto a disimpegnare i servizi di Pubblica Assistenza, a costituire anche
posti di pronto soccorso presso le antiche barriere... naturalmente saranno
impartite a tutti i volenterosi lezioni popolari sul trasporto dei feriti e dei
malati, sul loro adagiamento nei carri lettiga, e infine le relative istruzioni
per fare il primo bendaggio o la prima medicazione disinfettante di una ferita.
A ciò penseranno i valenti medici e sanitari che ci onorano del loro concorso:
Clericetti, Bajla…
Il secondo caposaldo del nostro programma sarà quello
dell’assistenza a domicilio dei malati poveri. Quante volte delle famiglie di
proletari e lavoratori sono costrette a distaccarsi da qualche loro caro
gravemente ammalato per vederlo morire all’ospedale, perché bisogna di giorno lavorare
per vivere, e non potendo la notte assisterlo e vegliarlo, perché la sera le
membra stanche sentono il bisogno di riposo, e per di più mancano gli oggetti
d’infermeria richiesti per la cura del malato… la nostra associazione potrà
prestare quest’opera di assistenza gratuita a molte famiglie povere, che si
vedranno evitata l’angoscia di doversi distaccare da un caro congiunto.
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Volontari della P.A. di Orbetello (da crocerossacostadargento.it) |
Nel mio luogo natio, Orbetello, piccola città della
Maremma Toscana di cinquemila abitanti, nel 1890 quaranta volenterosi decisero
di costituirsi in Società di Pubblica Assistenza… Non disponevano di mezzi,
mancavano perfino di locali… concorse con entusiasmo e fervore tutta la
popolazione! Taluno penserà che in Milano la costituzione di una associazione
consimile non sia possibile come in un paesello…. Tutt’altro!
Milano deve saper organizzare qualcosa di grande, di
moderno, di esemplare... noi faremo appello ai più grandi industriali perché ci
concedano il loro appoggio… le sorti della nostra Associazione dipendono dalla
simpatia e dall’aiuto che le accorderanno tutti i volonterosi… il compito da
effettuare è arduo, ma noi crediamo nella solidarietà umana e noi lo
compiremo!”[46]
Il 23 aprile del 1906 giunse alla Croce Verde un’importante
oblazione da parte del Re Vittorio Emanuele III, il Corriere della Sera riportò
la notizia.
Corriere della Sera, 23 aprile 1906 |
Il 2 giugno 1906 incominciò la vita reale dell’associazione,
in un oscuro stanzone di Via Sant’Antonio 18, angolo via Chiaravalle, affittato
dall’Unione Infermieri.[47]
Lo stabile di via
Sant’ Antonio 18 in una mappa di fine ‘800 |
Era un camerone in fondo ad un cortile, con quattro panche,
un tavolo, un carro lettiga, qualche lanterna da campo, una cassetta di
soccorso. Direzione, amministrazione, corpo di guardia, era tutto là dentro,
anche il dormitorio, che si arredò in seguito con qualche branda, perché prima
i militi di notte restavano svegli, in attesa delle chiamate.
Il 15 luglio 1906 arrivò in sede il secondo carro lettiga,
acquistato grazie alla sottoscrizione a cui aveva contributo anche il Re, ed
ebbe subito il suo battesimo: una chiamata dalla Stazione Centrale per
soccorrere un cittadino colpito da malore vi fece accorrere, in dieci minuti,
col nuovo carro lettiga, una squadra di volontari.[48]
Il 29 luglio 1906 nell’aula magna del Liceo Beccaria, in
Piazza Sant’Alessandro 1, si svolse una cerimonia di inaugurazione della Croce
Verde. Erano presenti varie autorità tra cui il Questore, un assessore in
rappresentanza del Municipio, il medico provinciale e ufficiali dell’esercito.
Il Presidente Dottor Clericetti illustrò il programma della società; vennero
poi letti messaggi di adesione augurale provenienti da varie associazioni
italiane di assistenza. Dopo la cerimonia si svolse, nel cortile del palazzo,
una dimostrazione di soccorso ed un saggio di esercitazioni pratiche da parte
di alcuni militi. Più tardi il carro lettiga attraversò in forma ufficiale le
principali vie della città.[49]
![]() |
Cortile del Liceo
Beccaria (da www.lombardiabeniculturali.it) |
Nel mese di aprile era stata inaugurata a Milano
l’Esposizione Universale, che si svolgeva nei padiglioni ed edifici
appositamente costruiti al Parco Sempione e nell’area oggi occupata da
Citylife. Il 3 agosto 1906 un incendio devastò un padiglione ed i militi della
Croce Verde intervennero prontamente a prestare soccorso.
Corriere della Sera, 3
agosto 1906 |
Corriere della Sera, 4
agosto 1906 |
Con il passare dei mesi, il numero dei volontari continuò ad
aumentare, così come le attrezzature a disposizione: si acquistò un terzo carro
lettiga e due lettighe per il trasporto dei cadaveri.[50]
Giunsero altre oblazioni, sia in denaro,
sia in materiali da medicazione e medicinali; sul Corriere della Sera il nome
della Croce Verde iniziò ad apparire sempre più frequentemente.
Corriere della Sera,
5 settembre 1906 |
Dopo l’estate del 1906, la crescita serena della Croce Verde
subì però un arresto tanto inatteso quanto improvviso.
Il 14 settembre 1906 il primo consiglio d’amministrazione fu
improvvisamente sfiduciato, dopo soli sette mesi, “…per uno di quei fenomeni
tanto frequenti nella vita delle nuove associazioni”.[51]
Al di là di queste poche parole ritrovate su un documento dell’epoca, non sono
riuscito per ora a recuperare altre informazioni sulle cause di questa crisi repentina
e sui motivi che portarono alla sfiducia del consiglio fondatore dell’associazione;
neppure il Corriere della Sera ne parlò.
Furono però subito indette nuove elezioni e il 2 ottobre
1906 fu eletto un nuovo consiglio d’amministrazione, nel quale solo il Dottor
Eugenio Bajla fu rieletto. Il nuovo consiglio elesse come nuovo presidente un altro
medico milanese, il dottor Angelo Garibaldi Arcellaschi; anche tutte le altre
cariche sociali furono rinnovate. Questo secondo consiglio della Croce Verde ebbe
però anch’egli vita breve, poiché restò in carica solo 10 mesi... ma questa è
un’altra storia, che magari racconterò in futuro!
Epilogo
Cosa ne fu dei primi fondatori della Croce Verde di Milano?
Quale destino riservò loro la vita dopo aver fondato l’associazione ed averla
gestita per i primi sette mesi di vita? Ecco cosa sono riuscito a scoprire su
alcuni di loro.
Pietro Raveggi
Nel 1907 tornò a vivere ad Orbetello, inserendosi nuovamente
nella vita sociale, politica e culturale della città e vivendo inizialmente con
i proventi delle tante collaborazioni come pubblicista a riviste e giornali
locali e nazionali. Nell’agosto 1908 il suo nominativo fu radiato dagli
schedari dei sovversivi “…per aver abbandonato i principi anarchici e
serbando incensurata condotta politica”.
Nel dicembre dello stesso anno guidò una squadra di
volontari orbetellani in soccorso alle popolazioni di Calabria e Sicilia
colpite dal terremoto. Nel 1910 fu eletto consigliere comunale per le liste del
partito socialista.
Nasce in quegli anni il suo interesse per l’archeologia. Nel
1912 viene nominato Ispettore Onorario per l’Antichità e l’Arte della zona sud
della Maremma e membro dell’Istituto Nazionale di Studi Etruschi. In questa
veste segue numerose campagne di scavo in vari siti della regione.
Pietro Raveggi negli
anni trenta (da G.Damiani, op.cit.) |
Grazie alla collaborazione con diversi proprietari terrieri
e con i contadini della zona, la quantità di materiali archeologici reperiti fu
tanto cospicua da permettere nel 1934, anche grazie all'aiuto di diverse
amministrazioni comunali, l'apertura del Civico Antiquario di Orbetello. Nello
stesso anno Raveggi riuscì anche a far istituire la biblioteca comunale, fino
ad allora ambulante, che successivamente diresse per molti anni.
Durante la prima guerra mondiale, pur essendo escluso dal
servizio militare, fu convinto interventista; nel 1921 aderì ai fasci di combattimento.
Nel 1924 venne eletto consigliere comunale per il partito fascista, del quale
negli anni successivi sarà un acceso sostenitore.
Alla fine della seconda guerra mondiale, con la caduta del
fascismo, Pietro Raveggi rimase direttore della biblioteca comunale di
Orbetello e dell’Antiquarium etrusco-romano e continuò a seguire con passione
le ricerche archeologiche nella zona. Nel 1948 dichiarò tra molte critiche la
sua adesione al Fronte Democratico Popolare.[52]
Morì ad Orbetello il 20 giugno 1951 all’età di 79 anni. A lui è intitolata la Biblioteca
Comunale di Orbetello.
Genesio Vivarelli
Dopo aver ricoperto la carica di vicepresidente della Croce
Verde, l’Ingegner Vivarelli proseguì con successo la sua attività professionale
nel suo studio milanese.
Nel 1915, scoppiò la prima guerra mondiale; verso la fine del
1917, a soli 38 anni, Genesio Vivarelli si ammalò purtroppo molto gravemente. Nei
primi mesi dell’anno successivo, forse presago dell’inesorabilità della sua
sorte, volle ritornare a Orbetello, chiedendo di morire nella natia Maremma,
che tanto prediligeva.
Morì a Orbetello il 19 ottobre 1918. Nella sua lunga e
tormentata agonia apparì sempre calmo e rassegnato e guardò con occhi sereni la
morte, mantenendosi fermo nei suoi principi laici.
Essendo iscritto ad una Loggia Massonica milanese, il giorno
del funerale la sua bara era attorniata dai fratelli delle logge Valle della
Bruna, Valle d’Ombrone e Valle d’Albegna. L’orazione funebre fu tenuta da
Pietro Raveggi, che ricordò le rare doti d’intelletto, la modestia e la vita
operosa di Genesio Vivarelli.[53]
Il Comune di Orbetello gli ha intitolato una via nei pressi
della laguna.
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Via Genesio Vivarelli
ad Orbetello |
Emilio Clericetti
Il primo Presidente della Croce Verde al termine del mandato
continuò la propria attività di medico.
Nel 1907 partecipò al congresso della Società Italiana di
Laringologia, Otologia e Rinologia.[54]
Nel dicembre 1908 prese parte ai soccorsi per il terremoto calabro-siculo; il
1° gennaio 1909 a Messina ci fu una scossa di assestamento e la Regina Elena,
che si trovava lì per soccorrere le popolazioni, rimase lievemente contusa;[55]
il Dott. Clericetti la assistette e per questo ricevette in dono dalla Regina un
prezioso orologio, che conservò con orgoglio negli anni successivi.
Spinto probabilmente dal desiderio di cambiare completamente vita, rientrato a Milano Emilio Clericetti decise di lasciare la città e di imbarcarsi come medico di bordo sui transatlantici che collegavano in venti giorni di navigazione l’Italia a Buenos Aires, in Argentina.
Dopo una serie di
viaggi di andata e ritorno, l’ex presidente della Croce Verde scelse di
trasferirsi definitivamente in Argentina, nella località di Villa Elisa, una piccola
borgata fondata nel 1890 a nord Est di Buenos Aires, nella regione di Entre Rios,
nella quale risiedevano numerosi emigrati italiani. Fu il primo medico a
stabilirsi nel villaggio, esercitando la sua professione con grande impegno: “…era
un uomo semplice, un buon medico, molto colto, solidale e di nobili sentimenti
umanitari. La sua integrazione nell’ambiente fu immediata ed il suo prestigio crebbe
di giorno in giorno. Fu un professionista che si dedicò interamente alla sua
missione e alla comunità”.[56]
Il 17 aprile 1912 a Urdinarrain, una località a 150 chilometri
a sud ovest di Villa Elisa, Emilio Clericetti all’età di 48 anni si sposò con
una cantante lirica italiana, Clelia Menicali, nata a Roma nel 1871.[57]
Pare però che il matrimonio non ebbe
successo e che dopo soli tre mesi i coniugi si separarono.[58]
Il 25 agosto 1916 il Dottor Clericetti fu il primo medico nominato nell’Ospedale “San Roque María A. de Francou" fondato in quell’anno a Villa Elisa.[59] Si era occupato anche della stesura dello Statuto dell’Ospedale, approvato il 12 giugno 1916.
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L’inaugurazione dell'Ospedale di Villa Elisa nel 1916 (Museo civico El Porvenir) |
Nei mesi seguenti, continuò a curare ammalati, sia privatamente che nell’ospedale, dove prestava la sua opera disinteressatamente. Quando l’ospedale poté permetterselo, il 20 settembre 1916, gli offrì un salario mensile di 30 pesos[60], ma non risulta che egli lo abbia mai ritirato. Nell’ottobre del 1919 la direzione dell’ospedale deliberò di riconoscergli la somma di 400 pesos per l’assistenza medica prestata sino a quel giorno, ma anche in questo caso non risulta dai registri che l’abbia percepita.
A quegli anni risale uno straordinario
ritratto fotografico di Emilio Clericetti, l’unico ad oggi esistente, conservato nel Museo Civico “El Porvenir” di Villa Elisa.
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Il Dottor Clericetti
a Villa Elisa (Museo Civico El Porvenir) |
La collaborazione del Dottor Clericetti con l’Ospedale di
Villa Elisa si interruppe però bruscamente nel 1920, quando fu nominato
presidente dell’Ospedale il Dottor Agustin Gutierrez. Questi contestò davanti
alle autorità provinciali la presenza in Ospedale di Clericetti, poiché esercitava
la professione di medico senza che il suo titolo accademico fosse stato
convalidato in Argentina.
Questo avvenimento disgustò profondamente Emilio Clericetti,
che decise di lasciare immediatamente l’Ospedale e la località di Villa Elisa.
Si tramanda che al momento di partire Clericetti donò alla Parrocchia l’arredamento
della sua casa, parte del quale è conservata tutt’ora.
Da questo momento, si perdono le tracce del primo presidente
della Croce Verde di Milano. Secondo alcuni, si trasferì alla Colonia Hocker, una
borgata nelle campagne a nord di Villa Elisa, ma non vi sono certezze.[61]
Aveva 56 anni. Non ho trovato ad oggi altre sue tracce in Argentina o notizie di
un suo successivo rientro in Italia… la ricerca continua.
La Croce Verde di Milano, alla cui fondazione Emilio
Clericetti aveva profondamente contribuito insieme a Pietro Raveggi, Genesio Vivarelli, Emilio
Bajla e agli altri soci fondatori, continua ancor oggi, attraverso la propria opera
quotidiana al servizio degli infermi e dei bisognosi, a mantenere vivi i loro ideali,
fedele dopo 120 anni a quei principi di fraternità e solidarietà che li
contraddistinsero.
Ringraziamenti
Non avrei potuto realizzare questa ricerca se non avessi potuto contare sul fondamentale contributo di:
Silvia Simonini, della Biblioteca Comunale Pietro Raveggi di Orbetello (GR)
Doriana Rispoli, Presidente del Circolo Culturale
Orbetellano "Gastone Mariotti"
Il Personale della Biblioteca Comunale Centrale di Milano
Il Personale della Biblioteca Nazionale Braidense di Milano
Il Personale della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
I responsabili del Museo Civico “El Porvenir” di Villa Elisa
(Argentina)
Note
[1] F.R.
Pittoreggi, Le compagnie di pubblica assistenza, Firenze, Tip. Coppini e
Bocconi, 1891, p.9
[2] https://www.anpas.org/storia
[3] F.
Conti, I volontari del soccorso, Marsilio, 2004, p.7-8
[4] Ibidem, p.10,14
[5] https://siusa-archivi.cultura.gov.it/
[6] M.Caprara, G. Damiani, Orbetellani da ricordare, Effigi, 2012, p.72 e seg.
[7] https://crocerossacostadargento.it/chi-siamo/
[8] M.Caprara, G. Damiani, opera citata
[9] G.Damiani, Pietro Raveggi, La vita e le opere, Effigi, 2015, p.38
[10] M.Caprara, G. Damiani, opera citata
[11] www.bfscollezionidigitali.org/entita/14525-raveggi-pietro
[12] M.Caprara, G. Damiani, opera citata
[13] https://siusa-archivi.cultura.gov.it/
[14] Lo Staffile. Giornale illustrato, anno XIV, n.21, Firenze, 13 ottobre 1895, pag. 3
[15] https://orbetelloccmariotti.wordpress.com/2014/04/27/orbetello-la-massoneria/
[16] Milano Sanitaria - elenco generale dei sanitari esercenti in Milano e provincia, ed. 1903, p.40
[17] Domenica del Corriere, anno VI, n. 24, pag.5
[18] https://www.google.it/books/edition/Bollettino_ufficiale_delle_societ%C3%A0_per/ G5VP0CVz850C?hl=it&gbpv=1&dq=%22alessandro+gusmini%22&pg=PA231&printsec=frontcover
[19] https://www.google.it/books/edition/Annuario_italiano_del_capitalista/yPf1pV8Ri4MC?hl=it&gbpv= 1&dq=%22alessandro+gusmini%22&pg=PA252&printsec=frontcover
[20] Guida commerciale e Industriale della Lombardia, Emilio Ravagnati Editore, 1906, p.510
[21] Bollettino ufficiale del Ministero dell'Istruzione Pubblica, 1912, p.366
[22] https://orbetelloccmariotti.wordpress.com/2014/03/26/un-altro-dimenticato-illustre-figlio-della-maremmagenesio-vivarelli/
[23] Corriere della Sera, 18 maggio 1908
[24] https://orbetelloccmariotti.wordpress.com/2014/03/26/un-altro-dimenticato-illustre-figlio-della-maremmagenesio-vivarelli/
[25] https://opac.museogalileo.it/pdf/856/archivio_corsini_biglietti_visita.pdf
[26] Corriere della Sera, 2 dicembre 1911
[27] A. Schiavi, C. De Maria, Carteggi, P.Lacaita, 2003, pag. 318
[28] Corriere della Sera, 14 gennaio 1913
[29] Bollettino ufficiale delle società per azioni, Fratelli Treves, 1910, p,91
[30] https://sfera.unife.it/handle/11392/1189908?mode=full
[31] https://www.google.it/books/edition/Il_Politecnico/M7pMAAAAYAAJ?hl=it&gbpv=1&dq =celeste+clericetti&pg=PA367&printsec=frontcover
[32] http://www.luigi-cremona.it/download/Pubblicazioni/clericetti.pdf
[33] https://www.museotorino.it/resources/pdf/books/502/files/assets/common/downloads/page0291.pdf
[34] https://www.policlinico.mi.it/scaffale_digitale/inventari/V_Servizi_Sanitario_E_Di_Culto.pdf
[35] Annuario d’Italia 1892
[36] https://www.google.it/books/edition/Giornale_della_Societ%C3%A0_italiana_d_igien/ m9qg5vb9QOgC?hl=it&gbpv=1&dq=%22emilio+clericetti%22+milano&pg=PR19&printsec=frontcover
[37] Giornale della Reale Società italiana d’igiene, Milano, Anno XIX, n. 7, p. 201-211.
[38] E.Marini, Milano illustrata : Cose, persone, Tip. Della Soc. Edit. La Poligrafica, 1903, p.182
[39] P.Santi, La croce Verde di Milano, Poligrafia Italiana, 1908, p. 33-35
[40] P. Cattaneo, Croce verde Assistenza Pubblica Milanese, Milano rivista mensile del Comune, 1930, gennaio, p. 33-35
[41] P.Raveggi, Il Dovere dell’Assistenza Pubblica, Milano, conferenza del 7 aprile 1906
[42] P.Santi, opera citata
[43] P. Cattaneo, opera citata
[44] E.Bajla, La Scienza di Esculapio a Milano, Gazzetta Sanitaria, 1930, p.44-45
[45] M.Caprara, G. Damiani, opera citata
[46] P.Raveggi, Il Dovere dell’Assistenza Pubblica, Milano, conferenza del 7 aprile 1906
[47] P.Santi, opera citata
[48] P. Cattaneo, opera citata
[49] Corriere della Sera, 30 luglio 1906
[50] P.Santi, opera citata
[51] P.Santi, opera citata
[52] G.Damiani, Pietro Raveggi, opera citata
[53] https://orbetelloccmariotti.wordpress.com/2014/03/26/un-altro-dimenticato-illustre-figlio-della-maremmagenesio-vivarelli/
[54] https://www.google.it/books/edition/Atti_dei_congressi_della_Societa_italian/FmTY6pSaqVEC?hl= it&gbpv=1&bsq=%22clericetti+emilio%22&dq=%22clericetti+emilio%22&printsec=frontcover
[55] Corriere della Sera, 3 gennaio 1909
[56] Periodico La Nota, 23-29 settembre 2006, pag. 13
[57] https://www.familysearch.org/ark:/61903/3:1:3QHV-V3D6-ZQV?view=index&personArk= %2Fark%3A%2F61903%2F1%3A1%3AZ1Z3-TP6Z&action=view&cc=3006904
[58] Periodico La Nota, 23-29 settembre 2006, pag. 13
[59] Verbale n. 49 del consiglio Direttivo dell'Ospedale di Villa Elisa
[60] Verbale n. 51 del consiglio Direttivo dell'Ospedale di Villa Elisa
[61] Periodico La Nota, 23-29 settembre 2006, pag. 13