Il rifugio antiaereo di Piazza del Duomo: da luogo di guerra a luogo di pace

In occasione dell’ottantesimo anniversario della Liberazione, ho voluto ricostruire la storia di un edificio di Milano che può essere considerato un vero simbolo del passaggio dalla guerra alla pace: il ricovero antiaereo di Piazza del Duomo, che da rifugio per proteggere i milanesi dai terribili bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale è diventato nel dopoguerra un luogo di pace, sede di commerci ed importanti attività culturali. Ecco la sua storia.



Milano sotto le bombe

I bombardamenti aerei di Milano durante la seconda guerra mondiale furono i maggiori che una città dell'Italia settentrionale abbia subito. Le incursioni effettuate da parte degli Alleati su Milano e provincia furono centinaia e i morti circa 2.000.

Durante i primi due anni di conflitto Milano fu toccata in modo marginale dai bombardamenti aerei, che avevano come principali obiettivi i porti e le città del sud Italia o città come Genova e Torino, considerate obiettivi militari più strategici. La situazione cambiò drasticamente alla fine del 1942. L'allarme suonò alle ore 17.57 del 24 ottobre 1942, cogliendo i milanesi di sorpresa, sia per il tempo trascorso dall'ultimo bombardamento, sia per il brevissimo intervallo tra il suono delle sirene e la caduta delle bombe. 74 bombardieri Lancaster si riversarono in ondate successive sulla città. Furono lanciate 12 bombe da 2.000 kg,  56 da 500 e più di  30.000 bombe incendiarie, oltre a migliaia di volantini propagandistici. 

I morti furono 135, i feriti 331. Risultarono danneggiati 61 edifici residenziali e commerciali. Tra gli edifici danneggiati anche il carcere di San Vittore, dove da una breccia nel muro evasero 118 detenuti. Nella notte vi fu un secondo attacco, sferrato da uno stormo composto da 71 bombardieri. 

Milano dopo un bombardamento (da www.reddit.com)

Fino all'estate del 1943 i bombardamenti aerei su Milano furono effettuati solo dai velivoli del Bomber Command britannico. I velivoli decollavano al tramonto dal sud dell'Inghilterra e arrivavano sullo spazio aereo della città di notte.  

Nella notte tra il 14 e il 15 febbraio 1943, 138 bombardieri Lancaster partirono dall'Inghilterra e arrivarono su Milano alle 22.06. Subirono ingenti danni gli stabilimenti Alfa Romeo, Caproni, Isotta Fraschini, lo scalo Farini, lo scalo di Porta Romana, la stazione di Porta Genova, i depositi tram di Messina e Leoncavallo e quello automobilistico in Corso Sempione, il mercato ortofrutticolo, l'Ospedale Maggiore, l'Umanitaria e 35 zone di edifici residenziali. Numerosi i danni al patrimonio artistico: furono colpite le chiese di Santa Maria del Carmine, San Lorenzo, San Giorgio al Palazzo, il palazzo Reale, la Pinacoteca Ambrosiana, la Permanente, la Galleria d'Arte Moderna, il Conservatorio, il Teatro Lirico, diversi cinema e numerose tipografie; in Via Solferino venne distrutto il secondo piano della sede del Corriere della Sera. Le vittime del bombardamento furono 133, 442 i feriti e nei giorni successivi il numero totale di senza tetto raggiunse i 10.000.[1]

Tabellone in Pazza Duomo con l’elenco dei rifugi  (da www.flickr.com)

A Milano, come in molte altre città italiane, gli scantinati delle case erano stati adibiti a rifugi antiaerei, denominati anche “ricoveri anticrollo” se puntellati, o “antischegge” se dotati solo di apprestamenti minimi. Sopravvivono ancor oggi, ottant’anni dopo, le frecce e le lettere verniciate sulle facciate per segnalare gli ingressi e le uscite di cantine, sotterranei delle stazioni, alberghi diurni, rifugi ricavati sotto le scuole o quelli predisposti dal Comune. Nel 1940, l’Amministrazione di Milano aveva predisposto poco più di un centinaio di rifugi antiaerei pubblici, ricavati in seminterrati già esistenti.[2]

Il rifugio di Piazza del Duomo

Alla fine del 1942, fu decisa la costruzione di un grande rifugio antiaereo in cemento armato sotto il sagrato di Piazza del Duomo, capace di ospitare oltre 2000 persone. Fu il Corriere della Sera a darne notizia, con una foto pubblicata l’8 gennaio 1943, che mostrava la costruzione della palizzata a recinzione del futuro cantiere.

Corriere della Sera, 8 gennaio 1943

Il progetto del rifugio antiaereo venne realizzato da Luigi Lorenzo Secchi, Ingegnere Capo del Comune di Milano.[3]  

L’Ing. Secchi, progettista del ricovero (da Wikipedia)


In un successivo articolo pubblicato il 1° aprile 1943 il Corriere informò i lettori che “…l’inizio dei lavori si annuncia immediato; essi saranno condotti tenendo presente la necessità degli scavi futuri per la metropolitana, che avrà in piazza Duomo una stazione divisa in due parti… i lavori che stanno per iniziarsi daranno un sotterraneo, destinato in futuro a congiungere le due parti della stazione stessa”.
 

Lo scavo per la costruzione del rifugio (da skyscrapercity.com)


Furono dapprima realizzate le baracche in legno per gli uffici di cantiere e la custodia dei materiali e delle attrezzature, dopodiché vennero rimossi 1500 metri quadri di pavimentazione della piazza, tra la Cattedrale ed il monumento a Vittorio Emanuele II, e fu scavata una fossa lunga m. 67,5, larga m.42 e profonda otto metri. Come era facile prevedere, lo scavo della fossa portò alla luce importanti resti archeologici.
Corriere della Sera, 9 febbraio 1943

Erano i ruderi dell’antica basilica di Santa Tecla, risalente al IV secolo, che era stata sacrificata nel 1465 per l'avanzamento del cantiere del Duomo. 

Corriere della Sera, 10 giugno 1943

I ruderi disseppelliti (da www.ansa.it/lombardia/photogallery/2023/12/15)

L’obbiettivo primario era però quello di non intralciare i lavori di costruzione del rifugio; scriverà il Corriere della Sera il 10 giugno 1943: “…il ritmo dei lavori di scavo è stato naturalmente celere, e non ha consentito indugi agli studiosi che intendessero sezionare, approfondire, misurare. Tuttavia si sono compiuti rilievi, fotografie sono state eseguite, frammenti ed affreschi si sono asportati. Si propone di assicurare la conservazione e l’accesso per la parte delle opere esterne al perimetro del grande ricovero pubblico”. Tutto quanto di intralcio al cantiere fu quindi demolito e portato via insieme alla terra di scavo.

I ruderi in fondo allo scavo (da www.milano.repubblica.it)

Nel corso dell’estate 1943, dopo aver asportato i ruderi, venne colato sul fondo della buca un sottofondo di cemento armato dello spessore di un metro e mezzo; su di esso vennero poi erette quattro file di sei colonne cilindriche del diametro di un metro e venti e alte tre metri, sulle quali fu infine colato un ciclopico soffitto, costituito da una soletta in cemento armato dello spessore di due metri e mezzo.




Alcune immagini del cantiere del rifugio nell’estate 1943 (Archivio Comune di Milano e skyscraperscity.com)

In un articolo pubblicato il 10 gennaio 1944, il Corriere della sera descrisse le caratteristiche che avrebbe avuto il rifugio: “Come si sa, sotto il Sagrato del Duomo si avrà un salone lungo 50 metri e largo 31, progettato come stazione della futura metropolitana e da utilizzarsi in un primo tempo come rifugio antibomba. Vi si accederà da due scale prospicienti la Galleria e da due fronteggianti l’Arengario. Dalle scale si entrerà nel salone attraverso un sistema di accessi costruiti in modo da proteggere le persone ricoverate nell’interno contro ogni genere di offesa aerea. Si avrà, a ciascuno dei due imbocchi del salone una serie di cinque porte antiscoppio, dalle quali si passerà in altrettante celle in funzione di camere di scoppio e infine a cinque porte antigas. Il rifugio sarà dotato di ogni servizio necessario al suo compito protettivo, dal gruppo macchine per l’aria condizionata agli impianti igienici e alle installazioni sanitarie. Si prevede che per la fine di febbraio, dopo la maturazione del calcestruzzo, si toglieranno i sostegni e l’aula sarà formata interamente. I lavori, secondo i piani dei tecnici, si sarebbero dovuti compiere in otto mesi, ma per sopravvenuti rallentamenti e interruzioni nelle opere per la mancanza di alcuni materiali si sono oltrepassati i limiti fissati per l’apertura. Il compimento dell’imponente impresa appare tuttavia vicino, se non interverranno altri impedimenti”.

E di impedimenti nel corso dei lavori ce n’erano stati sicuramente molti; il 25 luglio 1943 era caduto il regime fascista, Mussolini era stato arrestato ed era stato nominato dal Re il nuovo governo affidato al Generale Badoglio. In seguito all'arresto di Mussolini, gli alleati definirono un programma di intensi bombardamenti su Milano, allo scopo di accelerare la resa dell’Italia. 

Bombardieri britannici Lancaster (da oilordering.com)

Tempesta di fuoco su Milano

La sera del 7 agosto 1943, 197 bombardieri Lancaster partirono dall’Inghilterra diretti su Milano, carichi di bombe incendiarie. Numerosi i danni alle stazioni, alle aree industriali e ai monumenti della città. Venne distrutto il Teatro dei Filodrammatici, il Teatro Garibaldi, un'ala dell'Ospedale Fatebenefratelli, la sede del Corriere della Sera. Spezzoni incendiari sfondarono il tetto del Teatro alla Scala, venne sfondata un'ala della Pinacoteca di Brera, riportarono danni il Museo di Storia Naturale, Palazzo Sormani, il Palazzo Reale. Gli edifici distrutti furono 600. I morti furono 161 e i feriti 281. 

La Scala distrutta (da militaryanalysis.blogspot.com)

La sera del 12 agosto 1943 il Bomber Command inviò su Milano altri 504 aerei. L’obiettivo era quello di creare anche su Milano una cosiddetta "tempesta di fuoco" come quelle già realizzate nei bombardamenti delle città tedesche. L'allarme suonò alle 0.35 e dopo pochi minuti iniziò il bombardamento, che durò per circa un'ora. Gli aerei trasportavano soprattutto bombe incendiarie. Il centro subì danni ingentissimi, vennero distrutti Palazzo Marino, la Questura, il palazzo delle Poste, il comando dei Vigili Urbani, il comando provinciale dell'UNPA. Subirono danni il Castello Sforzesco, la chiesa di San Fedele, l'Acquario Civico. Nel complesso di Santa Maria delle Grazie in mezzo alla distruzione si salvò il Cenacolo. Riportò danni il Duomo, venne distrutta la volta della Galleria. Danneggiate le stazioni ferroviarie, i depositi dei tram, diverse stazioni dei Vigili del Fuoco, la Fiera Campionaria e numerose aziende. 

Santa Maria delle Grazie bombardata (da www.storiemilanesi.org)

Il numero di morti, secondo i dati ufficiali, fu relativamente basso, 19 vittime e 644 feriti, ma diversi storici ritengono che il bilancio di questa incursione venne pesantemente sottostimato, e che in realtà essa abbia causato circa 700 vittime, risultando così il più sanguinoso tra i bombardamenti subiti da Milano.

Due notti dopo, il 14 agosto, altri 140 i Lancaster si diressero su Milano con l'obiettivo di "terminare" il lavoro. L'allarme suonò alle 0.32 e in un'ora di sorvolo su una città ricoperta dalla foschia degli incendi in corso di spegnimento venne nuovamente colpito il centro, il Castello Sforzesco, il Palazzo Reale, distrutti il teatro dal Verme e il Verdi, gravemente danneggiate piazza Sant'Ambrogio e l'Università Cattolica. Colpite la Breda, l'Innocenti, l'Isotta Fraschini e la Pirelli. Le condotte dell'acqua interrotte resero difficoltoso lo spegnimento degli incendi.

La sera successiva, il 15 agosto 1943, l'allarme suonò alle 0.31 e il bombardamento durò fino alle 2.22. Il bombardamento da parte di 199 Lancaster fu devastante: oltre ad innumerevoli edifici residenziali in diversi quartieri della città, venne sfondato il tetto del teatro alla Scala, andò completamente distrutto l'edificio della Rinascente in piazza del Duomo, danni ingenti subirono l'Archivio di Stato, il Duomo e il Conservatorio.

Alla fine di agosto erano stati colpiti il 50% degli edifici della città, i senza tetto erano oltre 250.000 e gli sfollati 300.000. Gravissimi i danni alla rete idrica, a quella elettrica e a quella del gas, le linee tranviarie e filoviarie erano inutilizzabili, innumerevoli le vetture danneggiate o distrutte.[4]

L’8 settembre 1943 l’Italia si arrese agli angloamericani e la penisola fu rapidamente occupata dall’esercito tedesco, che il 24 novembre liberò Mussolini e lo mise a capo della Repubblica Sociale Italiana, con capitale a Salò.

Panzer tedesco in piazza Duomo, sulla sinistra il cantiere del rifugio (da www.flickr.com)

Corriere della Sera, 27 gennaio 1944

Il 27 gennaio 1944 il Corriere della Sera pubblicò una foto che mostrava come in Piazza del Duomo si stesse richiudendo la buca contenente il rifugio, ma all’interno del ricovero i lavori erano lungi dall’essere terminati. In un successivo articolo datato 12 maggio 1944 si indicava come nuovo termine per il completamento dell’opera il successivo mese di luglio.

Corriere della Sera, 12 maggio 1944

Il 13 agosto 1944 il Corriere della Sera pubblicò la notizia che il rifugio era finalmente terminato e che dal successivo lunedì 14 agosto sarebbe stato operativo per accogliere i cittadini in caso di bombardamento.

Corriere della Sera, 13 agosto 1944

Nel frattempo, erano iniziati su Milano i bombardamenti diurni da parte dell’aviazione statunitense: gli aerei decollavano all'alba dalla Puglia e bombardavano di giorno, concentrati principalmente sugli scali ferroviari e le aree industriali. 

Il 28 e 29 marzo 1944 due ondate successive avevano colpito lo scalo di Lambrate, distruggendo i binari e 300 carri ferroviari; le bombe cadute sugli edifici nei presso dello scalo provocarono 50 morti e 45 feriti. Altri bombardamenti su Lambrate vennero effettuati il 30 aprile e il 13 maggio. In luglio ci furono altre tre incursioni. Nel restante periodo estivo e all'inizio dell'autunno vi furono numerose azioni tattiche a carico di strade, ponti, mezzi di trasporto e aziende nell'area intorno a Milano. 

Durante l’incursione del 20 ottobre 1944, a causa di una serie di errori e malfunzionamenti, alcuni bombardieri provenienti da Foggia sganciarono 80 tonnellate di esplosivo sulle zone residenziali di Gorla e Precotto. I morti complessivi furono 614. L'episodio più tragico fu la caduta di una bomba nella tromba delle scale della scuola elementare Francesco Crispi di Gorla: tra personale scolastico e bambini i morti furono 204.[5]

Manifesto della RSI (da http://www.piccolimartiri.it)

Nei primi mesi del 1945 vi furono ancora numerosi attacchi; l'ultima caduta di bombe sulla città avvenne il 13 aprile del 1945 con un bilancio di 2 morti e 3 feriti.

Possiamo immaginare il panico che assaliva i milanesi al suono della sirena d’allarme, che annunciava l’arrivo dei bombardieri, e la loro corsa verso le scale di accesso al rifugio di Piazza del Duomo. Seguivano lunghe ore di attesa nel rifugio, terrorizzati dal rumore dei velivoli, senza sapere dove e quando le bombe avrebbero colpito. Il sibilo delle bombe che cadevano, la paura al suono delle violente esplosioni, i colpi dell’antiaerea che si susseguivano, tambureggiando come un tuono interminabile.

Le corse affannose al ricovero e la permanenza prolungata negli angusti spazi nella spasmodica attesa dell’attacco provocavano spesso crisi di panico, traumi nervosi, incontrollabili spinte ad uscire all'aperto, anche al rischio della vita: per alcuni morire all'aperto era sempre meglio che fare la morte del topo dentro il rifugio. 

La notte, si cercava comunque di dormire, ammassati uno sopra l’altro, adeguandosi alle condizioni estreme del contesto, o si ingannava il tempo leggendo o giocando a carte. C’era gente che pregava recitando il rosario, chi preso dal panico gridava che saremmo morti tutti, altri ancora dissimulavano la paura fingendo che tutto era sotto controllo per non spaventare i bambini. Un rigido regolamento dettava le norme di comportamento all’interno del rifugio, sia per i civili che per il personale di servizio, per garantire la sicurezza e la convivenza.

Quando la sirena annunciava il cessato allarme, si riemergeva in superficie e si scoprivano i danni e i lutti provocati dalle bombe. In una città sconvolta, si tornava lentamente verso la propria casa, sperando di trovarla ancora in piedi. 

Il Duomo bombardato a pochi metri dal rifugio (da https://blog.urbanfile.org)

Il dopoguerra

Corriere della Sera, 25 aprile 1945

All’indomani della Liberazione, nella primavera del 1945, il rifugio antiaereo di Piazza del Duomo cessò di essere utilizzato per lo scopo per cui era stato costruito.  Durante i primi mesi di pace il rifugio fu destinato a deposito di mobili recuperati da vari uffici del Comune di Milano o affidati da privati all’amministrazione comunale.

Nell’estate del 1945, il Comune di Milano decise di mettere a reddito il rifugio e pubblicò un bando a licitazione privata per “…l’affitto dell’ex rifugio per un periodo di 7 anni, ad un canone di Lire un milione all’anno, per utilizzo commerciale, ad esclusione delle attività di varietà, cinema, caffè concerto ed altri divertimenti, sia per rispetto del luogo, adiacente al Duomo, sia per la sicurezza del locale, non rispondente alle norme in materia di esercizi pubblici”.[6]

Al bando parteciparono una ventina di concorrenti, tra cui alcuni grandi magazzini, che avevano avuto la loro sede danneggiata o distrutta dai bombardamenti.  Il comune scelse però la proposta presentata della Maestri Artigiani Srl, che prevedeva un utilizzo come grande emporio per l’esposizione e la vendita di prodotti di arredamento e dell’artigianato italiano, con la denominazione di “Galleria del Sagrato”. Nella scelta, c’era una finalità sociale: dare agli artigiani del mobile, categoria tra le più colpite dalla guerra, la possibilità di un rilancio dell’attività, con una prestigiosa vetrina nel cuore della metropoli che ci si accingeva a ricostruire per risorgere dalle rovine del conflitto.

I lavori di sistemazione del rifugio durarono alcuni mesi e finalmente il 22 marzo 1946 il Corriere annunciò per il giorno seguente, sabato 23 marzo, l’apertura al pubblico della “Galleria del Sagrato”.

Corriere della Sera, 22 marzo 1946

Alla cerimonia di inaugurazione parteciparono il Sindaco, rappresentanti del Cardinale, del Prefetto, delle Forze Militari Alleate in Milano e di diversi Consoli di paesi stranieri.

Cartolina pubblicitaria d’epoca

“La mostra del mobilio – scrisse il Corriere della Sera – è la prima manifestazione del ciclo milanese di mostre mercato per la ricostruzione ed è anche la prima mostra del dopoguerra. Vi partecipano le maggiori ditte del ramo. Essa costituisce un’eccezionale rassegna del mobilio e dell’arredamento e per ricchezza, signorilità, gusto e varietà di tipi onora l’artigianato milanese. Il folto pubblico che ha affollato ieri l’esposizione ne ha suggellato con il suo entusiastico consenso il successo… dirigenti e maestranze, superando tutte le difficoltà, hanno saputo allestire nel cuore di Milano un locale degno delle migliori tradizioni cittadine”.[7]

Manifesto del 1946 (da archiviostorico.fondazionefiera.it)

Per i due decenni successivi, la “Galleria del Sagrato” ospitò quindi una lunga serie di esposizioni commerciali di mobili, artigianato, pelletterie, oreficerie, calzature, pelliccerie, giocattoli, tessuti, tappeti, cristallerie, vetrerie, ceramiche elettrodomestici, strumenti musicali, chincaglierie. 

Alla fine degli anni cinquanta, con i lavori per la costruzione della prima linea della metropolitana in Piazza del Duomo, vennero soppresse le due scale originarie di entrata all’ex ricovero, che si trovavano davanti alla Galleria Vittorio Emanuele, e venne costruita sul lato sud del cantiere un’entrata provvisoria, situata verso il centro della Piazza.

Le due scale di entrata all’ex rifugio sul lato galleria


Piazza Duomo durante gli scavi della  metropolitana, sulla destra l'ingresso provvisorio

Al termine dei lavori, la “Galleria del Sagrato” vene collegata con un passaggio diretto al mezzanino della stazione metropolitana Duomo. Conservo vivido il ricordo di quando, bambino negli anni sessanta, i miei genitori mi portavano in piazza del Duomo: un giro nella “Galleria del Sagrato” faceva sempre parte dell’itinerario della passeggiata.

Pubblicità di fronte alla Stazione Centrale (da Facebook)

Con il passare degli anni, il Comune di Milano aumentò il canone di locazione sino a trenta milioni annui e consentì alla società concessionaria di ripartire lo spazio tra venti aziende mobiliere, fissando per queste sub-concessioni le condizioni che riteneva opportune. Il contratto fu rinnovato più volte, sino al 1976, quando il Comune di Milano decise che lo spazio sotterraneo dell’ex rifugio avrebbe dovuto avere una diversa destinazione.

Corriere della Sera, 22 aprile 1976

Ai mobilieri venne proposto il trasferimento nel mezzanino della fermata della metropolitana Loreto; la “Galleria del Sagrato” sarebbe stata trasformata in una grande sala mensa per i dipendenti comunali, con una capacità di 3600 pasti su tre turni; nei sotterranei dell’Arengario avrebbero trovato posto le cucine, le celle frigorifere e gli spogliatoi per il personale.  Un nastro trasportatore situato in un tunnel sotterraneo avrebbe trasportato i pasti dall’Arengario alla sala di consumazione. La mensa avrebbe servito anche lavoratori di aziende private del centro che avessero voluto partecipare alla gestione.

Corriere d’Informazione, 20 ottobre 1977

I mobilieri si opposero al trasferimento in Loreto, si costituirono in cooperativa e cercarono di resistere il più a lungo possibile, avanzando delle controproposte. La situazione si trascinò sino al 1980, quando il Comune di Milano intimò definitivamente lo sfratto. Nel frattempo, il progetto di trasformare la “Galleria del Sagrato” in una gigantesca mensa era stato però abbandonato, a favore di un’altra ipotesi di utilizzo, questa volta culturale.

Corriere della Sera, 25 settembre 1980

Secondo il nuovo progetto, la “Galleria del Sagrato” avrebbe dovuto diventare un centro espositivo polivalente con impianti audiovisivi per bambini, esposizione di mostre per gli studenti delle scuole inferiori e probabilmente anche ospitare un drug-store aperto giorno e notte.[8] Alla fine, prevalse però la volontà di trasformare l’ex rifugio in uno spazio per mostre ed attività culturali, in connessione con gli spazi di Palazzo Reale.

Sfrattati i mobilieri, iniziarono quindi i lavori di adattamento. Con un investimento di 500 milioni di lire, la “Galleria del Sagrato” venne restaurata ed adattata a spazio espositivo, dotato dei più sofisticati impianti di allarme a radar, di umidificazione e di controllo termico.

Corriere della Sera, 18 gennaio 1982

Il nuovo spazio espositivo fu inaugurato il 26 gennaio 1982 con la mostra “Anni Trenta – Arte e Cultura in Italia”; a quella prima mostra ne seguirono negli anni seguenti molte altre, sui temi più svariati, quali arte, storia, archeologia, design, con migliaia di visitatori. 

Locandina della prima mostra (1982)


Si compiva così la transizione del rifugio, nato per proteggere i milanesi dai bombardamenti, in uno spazio culturale, simbolo di pace e di progresso. Da luogo in cui prevalevano negli animi di chi vi accedeva il terrore e l’angoscia, l’ex rifugio diventò una meta per gli amanti dell’arte e del sapere, per studenti e turisti, italiani e stranieri, in una Milano ricostruita e proiettata verso il futuro.

In anni più recenti, l’ex rifugio ha ospitato a lungo anche la biglietteria del Teatro alla Scala. 

Attualmente ospita invece l’ATM Point; se vi recate in Piazza Duomo, scendete nell’ATM Point e fermatevi per un istante ad osservare i pilastri rotondi, che sostengono tutt’oggi quel soffitto di cemento armato spesso due metri e mezzo: fu costruito in uno dei periodi più bui della storia della nostra città, per ben altri scopi, che ci auguriamo non debbano mai più tornare d’attualità.

L'ATM Point di Piazza del Duomo


[2] https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/22_marzo_22

[3] https://www.archeologiadelsottosuolo.com

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamenti_di_Milano

[5] ibidem

[6] Corriere della Sera, 31 agosto 1945

[7] Corriere della Sera, 24 marzo 1946

[8]Corriere della sera, 29 ottobre 1980

Post più letti

Henry Charles William Egerton Piercy e la villa di Porto Pino

1976 - Cinque Bersaglieri uccisi a Teulada

Il Podio dell'Arengario di Milano, un gigante scomparso

1972 - Le Brigate Rosse a Cesano Boscone

La prima autoambulanza di Milano