Teresita Bonfatti Pasini, una femminista agli albori del volontariato
La Contessa Teresita Bonfatti Pasini della Pisana, nota anche con lo pseudonimo di Alma Dolens, è stata una pacifista e giornalista italiana, impegnata sia come femminista sia come attivista politica, che ha svolto un ruolo importante all’inizio del secolo scorso per lo sviluppo del ruolo della Donna nel volontariato delle Pubbliche Assistenze.
Busto di Teresita Bonfatti Pasini conservato dalla famiglia Gilioli (da Wikipedia) |
Teresita Bonfatti nacque a Gubbio
il 18 febbraio 1869 da una nobile e ricca famiglia umbra ben nota all’interno
del movimento per l’unificazione italiana nel quale si sosteneva Garibaldi. Sposò
il Conte Umberto Pasini della Pisana, al cui seguito si trasferì a Milano e dal quale successivamente si separò e non ebbe figli. Nel capoluogo lombardo
divenne scrittrice, giornalista per "Vita internazionale", "Il
Secolo d'Italia" e "Anima nuova", conferenziera ed autrice di
una raccolta di novelle intitolata “Il dramma”, pubblicata dall'editore Treves.
Scelse presto per i suoi scritti lo pseudonimo di Alma Dolens (in latino, anima
sofferente) come a voler assumere e significare la sua attenzione per le
miserie e le difficoltà dell'umanità tutta.
A Milano, iniziò ad impegnarsi
attivamente per il voto alle donne e per il movimento pacifista, sostenendo a
lungo queste cause. Fu vicina alle idee socialiste e divenne presidente del
Comitato Lombardo per il Suffragio Femminile e per i Diritti delle Lavoratrici.
Fece parte dell'Unione lombarda, un'associazione presieduta da Teodoro Moneta,
premio Nobel per la Pace nel 1907, creata per unire il movimento pacifista lombardo.
Nel 1908 al Congresso Nazionale
delle Società per la Pace affermò la necessità di estendere la rete delle
società pacifiste femminili. Iniziò così un giro di propaganda di due anni che
ebbe come esito la formazione di almeno sette società in altrettanti centri
urbani: Vercelli, Asti, Parma, Lodi, Assisi, Cremona, Palermo.[1]
Fu relatrice alle Conferenze Nazionali per la Pace del 1909 e 1910 ed operò per legare politicamente il
movimento suffragista e quello pacifista, tentando di operare una sintesi che
coinvolgesse anche i sindacati dei lavoratori.[2]
Congresso Nazionale della Pace, Roma 1909. Al n. VI Alma Dolens (da https://commons.wikimedia.org) |
Lavorò con il sindacato dei
metalmeccanici per creare “l’Associazione Nazionale Pro Arbitrate e Disarmo”
che nel 1910 a Milano aveva circa 700 membri. Fu particolarmente attiva nel
diffondere il tema pacifista presso il movimento operaio milanese ottenendo
l'adesione alla Società operaia "Pro arbitrato e disarmo" prima di
singole rappresentanze dei lavoratori, dalla Federazione dei sigarai e delle
sigaraie a quella dei muratori e poi dell'intera Camera del Lavoro di Milano.
Partecipò al Congresso di Stoccolma del Movimento per la Pace portando
l'adesione dei 32000 lavoratori e lavoratrici della Camera del Lavoro di
Milano. Il suo era un pacifismo moderato, che propagandava una riduzione degli
armamenti concertata tra gli stati, l'istituzione di un tribunale
internazionale per dirimere le controversie tra gli stati e che sottolineava come
il risparmio delle spese militari potesse essere adibito alla costruzione di
scuole, nuove strade, bonifiche e commercio.[3]
La guerra italo-turca del 1911
pose fine al movimento di pace che si divise tra chi sentiva di dover
supportare la guerra e chi no. Alma Dolens faceva parte del secondo gruppo e
fece campagne pubbliche contro la guerra e si appellò a vari gruppi negli USA e
in Svizzera per avere un sostegno finanziario per permettere ai pacifisti di
fare riforme.[4]
Nel giugno del 1911 Teresita Bonfatti
Pasini fu scelta dal Consiglio Direttivo della Croce Verde di Milano come oratrice
ufficiale per la festa per il quinquennio di fondazione dell’Associazione.
Il programma dei festeggiamenti |
La scelta di Alma Dolens come oratrice fu quindi allo stesso tempo moderna e particolarmente coraggiosa; nel suo intervento la Contessa toccò infatti i temi a lei cari del femminismo e del pacifismo, anche in un’ottica internazionale.
Il discorso fu pronunciato dalla Contessa il 15 giugno 1911 davanti ad un folto pubblico nei locali dell’ex stabilimento Ricordi, in Viale Vittoria 21, oggi viale Premuda, ove era stata allestita una esposizione delle autolettighe e delle attrezzature della Croce Verde.
Il testo fu pubblicato il mese
successivo sul giornale periodico dell’Associazione; ne riportiamo alcuni
passaggi significativi.[5]
“La data che segna il nascere
di una istituzione benefica merita di essere ricordata… riunire in un’ora di fraternità
i rappresentanti del governo, le autorità locali, una gentile accolta di
signore e tutta una folla amica, nessuno, per quanto scettico, potrà giudicare
una mania festaiola.
A Milano la Croce Verde nacque
anemica, sorta per iniziativa di pochi volonterosi, alla quale molti
pronosticavano la morte non appena nata, ma ebbe la buona sorte di essere
affidata ad esperti medici.
Gli strumenti chirurgici, gli
armadi farmaceutici, i letti operatori, le tende da campo, le lettighe barelle
a trazione meccanica, le automobili, tutto quanto la moderna previdenza ha potuto
approntare per rendere il soccorso più efficace e veloce, ci dicono la tenacia,
la magistrale preparazione, il forte volere di un gruppo di filantropi, ci
raccontano l’opera compiuta attraverso ostacoli, difficoltà, sacrifici di tempo
e di denaro. Dopo un lustro, è assicurata l’esistenza prosperosa, e val bene
solennizzarlo.
Può essere invece motivo di
meraviglia, e forse da parte di alcuni di censura, la scelta della cosiddetta
Oratrice Ufficiale. Forse scarseggia la
città nostra di oratori? Chi avrebbe sospettato che il Cav. Borroni, il Dottor
Pollini (N.d.R.: rispettivamente, Presidente Onorario e Presidente
Effettivo della Croce Verde) fossero infetti di femminismo, così da
rendergli pubblico omaggio? Perché è
inutile negarlo, Voi, o Signori, con la complicità del Consiglio Direttivo,
invitando me, avete voluto esaltare il femminismo!
Un femminismo anteriore ai
comitati Pro Voto Donna, ai programmi per il riconoscimento della dignità
femminile… un femminismo che opera da tempo, silenzioso, umile, nelle corsie
degli ospedali, nelle tetre prigioni, negli alveari fetidi che si chiamano case
popolari, ovunque un’anima si tortura nella disperazione.
In questa missione
soccorritrice, se la donna non vi supera, Signori, certo si mantiene alla
pari... la donna accorre sempre spontanea a tentare il sollievo del dolore, a
tergere il sangue… Voi, che vi recaste a Messina e Reggio (N.d.R.: per i
soccorsi al terremoto del 1908), cadute sotto i colpi della natura
inferocita, incontraste le donne tra le macerie crollanti, le aveste compagne
negli ospedali improvvisati, sotto le baracche, le vedeste partire portando tra
le braccia gli orfani scampati.
Io non sono qui a cantare un
inno al mio sesso. Desidero solo dimostrare quanto profitto si potrebbe
ritrarre favorendo questa innata attitudine muliebre... vorrei che ogni
associazione di assistenza pubblica avesse la sua squadra d’infermiere che
esercitasse l’opera ausiliatrice anche in tempo di pace! E fu solo perché
stimolata da questo recondito scopo che accettai l’invito del Presidente di
codesta società. (Spero che) questa ragion segreta ed il mio atto, che
di per sé sarebbe temerario ed inconsiderato, guadagnino il perdono degli
illustri convenuti!”
In quegli anni, il volontariato
di pronto soccorso in Croce Verde era possibile solo agli uomini; le donne
potevano prestare la loro opera volontaria solo nel “Comitato delle
Patronesse”, che si occupava di raccolta fondi e di altre iniziative benefiche;
da qui la richiesta di Alma Dolens di dare anche alle donne la possibilità di prestare
servizio volontario.
Dopo questo appello femminista,
l’oratrice cambiò argomento e tornò a parlare dell’opera dell’Associazione, con
immagini che riecheggiano i temi del Movimento Futurista che stava nascendo in
quegli anni.
“Dirò ora dell’istituzione
della Croce Verde, e lo dirò con quell’amore, con quella convinzione e con
quella fede che sento per ogni segno tangibile di fraternità. Troviamo lontana origine della Croce Verde
nella Confraternita della Misericordia, sorta in Toscana nel circa 1100, a
sottrarre dalle ire dei belligeranti nelle guerre civili i feriti e i morti, a
coadiuvar medici e monatti, a soccorrere le numerose vittime che cadevano, in
pieno giorno, sulla pubblica via, sotto i colpi del pugnale di un congiurato, o
nelle sanguinose zuffe tra gli scherani dei prepotenti signorotti in contesa.
Oggi, non più pugne faziose,
né guerre intestine a suscitare terrore… nelle odierne consuetudini civili la
minaccia alla sicurezza della vita ci viene, più che dalla crudeltà degli
uomini, dalla violenza degli elementi o dalla frenetica attività.
Nelle ampie vie delle
metropoli, nel tumulto affaticato dei centri industriali, nella rete della
velocità avvolgente ogni angolo, l’attimo fuggente nasconde pericoli terribili
e oscuri. Corrono tramway, guizzano le biciclette, si slanciano in volata le
automobili, in mezzo alla folla affannata nella gara degli interessi. Un suono
di campanello, uno squillo di tromba, un fischio acuto: è il grido di allarme!
Entro i cantieri, le officine, gli arsenali dominati dalla elettricità,
tra il veemente ansar delle macchine, il rotear vertiginoso dei motori, nel
possente palpito dei magli giganteschi, là dove ferve il lavoro, sorgente di
vita economica, si aggira insidiosa la morte.
Ambulanza della Croce Verde di Milano davanti alla sede di via della Passione |
Le mutate condizioni
economiche, le moltiplicate esigenze, il progredire della scienza, la febbrile
ricerca del nuovo e dell’ignoto impongono alla società un salvataggio vasto,
organizzato, sapiente. Il soccorso empirico, derivante da generoso impulso
individuale o dalla pratica religiosa, riesce ormai insufficiente ed in
antitesi con la libertà di coscienza, spiccata caratteristica dell’epoca
attuale.
La Croce Verde, con il suo
personale di soccorso sempre pronto ad ogni chiamata, e con l’assistenza
preventiva che esercita negli opifici e in occasione di feste, cortei, comizi,
manifestazioni sportive, effettua l’opera di salvataggio richiesta dalla vita
contemporanea.
Militi della Croce Verde di Milano in servizio (1910) |
Quando i fiumi furiosi
allagano i campi, inondano i paesi, invadono le abitazioni, le convulsioni
telluriche atterrano gli edifici, il morbo fa strage, Voi, militi della carità,
accorrete a strappare alle onde le vittime, a disseppellire rischiando di
essere sepolti, a debellare il morbo, a lottare contro l’ignoranza che del
contagio è formidabile alleata.
La Croce Verde, accogliendo
nelle sue file uomini di tutti i partiti e di tutte le religioni, interpreta il
principio etico-sociale del collettivismo umanitario, rispetta il diritto che
ogni persona ha di fare del bene, asseconda il desiderio dell’altruista di
assurgere dal reale all’ideale… Ecco i militi del dolore e dell’amore: sono
operai e studenti, sono uomini della scienza e del lavoro, sono plebei,
borghesi, patrizi uguagliati dalla nobiltà dell’apostolato... Innanzi a
esistenze improvvisamente fulminate, al tragico spettacolo di giovinezze
agonizzanti, nel solenne mistero della morte, spariscono le diffidenze, i
rancori di casta, le gelosie di classe, le rivalità di partito… nello sforzo
supremo di salvare un’esistenza in pericolo tutti i cuori si intendono.”
Corriere della Sera, 16 giugno 1911 |
In
ottobre, il Consiglio Direttivo decise di partecipare al Sesto Congresso
Nazionale delle Associazioni di Pubblica Assistenza e Soccorso, che si sarebbe
svolto a Bologna nel mese di novembre del 1911. La Croce Verde sarebbe stata
rappresentata dal dott. Borroni e dalla Contessa Teresita Pasini.
Articolo dal giornale della Croce Verde di Milano |
Nel corso del Congresso Nazionale
di Bologna furono trattati numerosi temi, tra cui la collaborazione in tempo di
pace con la Croce Rossa Italiana. La Contessa Pasini svolse una relazione sul
tema “La più efficace forma di partecipazione della donna nell’Assistenza
Pubblica”, nella quale auspicò l’istituzione di squadre di “Infermiere
Facoltative” per l’assistenza a domicilio in famiglie in cui vi sia una sola
donna che lavora fuori casa e che non può permettersi di remunerare una
infermiera di professione.
Ecco il testo del suo intervento:[6]
“A questo congresso non
vengono gli speculatori della vita, gli egoisti, gli scettici, gli apatici. Non
singoli interessi, non ambizione di partiti, non mire settarie ci hanno guidato:
ci ha spinti una forza di altruistico amore. Ci siamo riuniti per escogitare i
mezzi che potranno avvicinarci alla eccelsa non irraggiungibile nostra finalità:
Ascendere per pratiche vie verso l’ideale cima della solidarietà e della
fratellanza universale.
Siamo degli idealisti pratici,
dei sentimentali che in tanto dilagare di scetticismo non abbiamo perduto la
fede nell’altruismo, nel coraggio, nella abnegazione, gagliarde energie che
erompono spontanee quando una sventura colpisce il prossimo, si rinvigoriscono
dinanzi alle calamità pubbliche.
Qui, dunque, vi è posto anche
per la donna. La giunta federale ha
affidato a me la relazione sulla più efficace forma di partecipazione della
donna nella assistenza pubblica.
Nessuno dei presenti giudichi
l’intervento femminile come petulanza femminista, dilettantismo o pretesa di
concorrenza all’attività maschile. Ricordo a questo proposito che anche i più
accaniti avversari all’emancipazione intellettuale muliebre, anche i più feroci
nemici delle professioniste ammettono che esse non escono dal campo che si sono
assegnate esercitandosi nelle opere di assistenza privata e pubblica.
Lo stesso potere civile ha
accordato alla donna di partecipare a pari condizione dell’uomo nella
amministrazione delle opere di assistenza privata e pubblica. Purtroppo però,
fino a mezzo secolo fa In Italia, chi voleva dedicare le proprie attitudini a sollievo
dei diseredati, dei colpiti dalla sventura, era costretto a raccogliersi nei
silenzi dei conventi o ad associarsi a corporazioni religiose, subordinando
così le proprie volontà alla restrizione di dogmi e a imposizioni
confessionali.
Il soffio di libertà di
coscienza che respiriamo da cinquant’anni, le mutate condizioni economiche, la
complessità dei fatti che formano la vita moderna, hanno originato nuove
istituzioni filantropiche e confessionali, laicizzandone altre, in passato
esclusivo monopolio delle congregazioni religiose, che le asservirono, non rare
volte, a scopo di propaganda politica.
Oggi i criteri sociali più
vasti ci insegnano che la sventura, colpendo l’individuo, colpisce la grande
famiglia umana; ecco al sentimento della carità sostituirsi, o meglio
aggiungersi, il dovere della solidarietà, che non subisce limitazione di setta
o di scuola. La donna non può sottrarsi, né deve essere sottratta, a questo
dovere sociale, (che) conferirà alla donna più viva percezione degli
odierni multipli aspetti del lavoro sociale, nei quali è chiamata a portare il
proprio contributo. Ogni Società di Pubblica Assistenza ha il Comitato delle
Patronesse, al quale è affidata la parte decorativa, mondana, ma importante,
non facile, né sempre grata nella sua apparente futilità.
Il pericolo sta nell’attimo
fuggente, l’infortunio capita improvviso a reclamare il soccorso del vigile
soldato della carità.
Ma vi sono casi che richiedono
la prestazione della infermiera, in alcuni casi più idonea è più adatta. Parlo
dell’opera delle donne negli ospedali, nelle case di maternità, ma anche la
prestazione a domicilio, nelle famiglie in cui vi sia una sola donna e questa
sia impiegata a lavorare fuori di casa e sia provata l’impossibilità di
remunerare una infermiera di professione.
La formazione di queste
squadre di infermiere facoltative richiede cautela, prudenza, discernimento,
onde evitare incidenti che compromettano la serietà la fiducia e il rispetto
nella istituzione. Ho già proposto di istituire una squadra di Infermiere Facoltative
nella Croce Verde di Milano ed ho confidato il progetto a qualche amica. Già
otto donne intelligenti, saggie e di vita austera si sono presentate.
Le funeste eventualità in cui
si renda necessario il concorso dell’infermiera non saranno frequenti. Non
occorre contare squadre numerose, preferiamo al quantitativo il qualitativo.
Contentiamoci di iniziare la prestazione a domicilio, il tempo porterà a
compimento il nostro tentativo.
Signori! Non respingete
l’offerta delle volenterose, non osteggiate il loro intervento tra voi,
accogliete fiduciosi chi vuole cooperare al progresso civile, rimanendo madre!”
Un lungo insistente applauso accolse
le ultime parole della Contessa Teresita Pasini della Pisana, che presentò poi
il seguente ordine del giorno, che venne approvato tra gli applausi:
“Il Congresso Nazionale delle
Società di Pubblica Assistenza, convinto
della utilità di diffondere nella donna di qualunque condizione le cognizioni
elementari sulla cura ai malati (onde addestrarla nel doloroso compito che
nella vita non può esserle risparmiato),
sui soccorsi di urgenza per le molteplici disgrazie accidentali in cui
non di rado dal soccorso immediato e cosciente dipende la salvezza del colpito,
per combattere gli errori dei rimedi empirici, specialmente durante l’inferiore
delle epidemie, fa voto:
1. che
ogni società di pubblica assistenza indica corsi teorico pratici gratuiti
aperti ad un uditorio di ambo i sessi sui sopra accennati insegnamenti;
2. che
ogni Società di Pubblica Assistenza col Comitato delle Patronesse, incaricato a
contribuire all’incremento sociale e finanziario della associazione, abbia una
squadra di Infermiere Facoltative, le quali aggiungano alle altre pietose
attribuzioni la prestazione a domicilio presso famiglie indigenti
impossibilitate a curare l’infermo ed a remunerare l’infermiera di
professione.”
Negli anni seguenti, precedenti
la Prima guerra mondiale, a causa del suo attivismo pacifista, fu vietato a
Teresita Pasini di pronunciare discorsi pubblici.[7] Ripreso l'impegno pubblico, partecipò
attivamente al dibattito che precedette l'entrata in guerra. Fu delegata ai
congressi e alle conferenze contro la guerra all’Aia e a Bruxelles per tentare
di impedirne lo scoppio.[8]
Fu presidente della Società "Pro Arbitrato e disarmo" e aderì alla
Lega Internazionale dei Neutri (anti interventista) con personalità come il
deputato socialista Claudio Treves, il sindaco di Milano Emilio Caldara, padre
Agostino Gemelli e il rabbino di Milano Alessandro Da Fano.
Delegate alla Conferenza Internazionale delle Donne per la Pace, L’Aia, 1915 (da https://hist259.web.unc.edu) |
Scoppiata la Prima Guerra
Mondiale, Teresita Pasini nonostante il suo pacifismo non antimilitarista
sostenne l'entrata in guerra dell'Italia e si dedicò al volontariato a favore
delle famiglie povere evacuate dal fronte italo-austriaco. Alma Dolens accettò
l’idea di una possibile guerra, invitando le donne ad essere forti e uniti per
la patria. Già anni prima, la Dolens si era dimostrata a favore della guerra
nel caso in cui giusta, le madri mandavano i figli a morire e lottare per un
bene superiore.[9] Forte
dei suoi convincimenti pacifisti, sosteneva che "il nemico non è al
confine; è tutto intorno a noi: è la povertà, la tubercolosi, la
disoccupazione. La cura per queste malattie è la fine di formidabili e costose
armi".[10]
Negli anni 1919-20 svolse attività per la città di Fiume all'epoca dell'occupazione di D'Annunzio: fece parte del Comitato nazionale pro Fiume e in riconoscimento del suo ruolo in questo frangente ebbe in seguito una medaglia al merito.
Foto di Gabriele D’Annunzio con dedica autografa ad Alma Dolens, datata Fiume 1920 (da www.gonnelli.it) |
Negli anni seguenti, svolse anche l'attività di conferenziera su argomenti culturali e non politici, come la musica o l'arte: ecco quindi le conferenze su Chopin e Grieg o quella (portata in giro per tutta l'Italia) sulle bellezze artistiche e paesaggistiche dell'Umbria, sua regione natale.[11]
Nel periodo fascista non le fu
possibile svolgere attività pubblica, ma continuò a sostenere i dissidenti
antifascisti milanesi, tra i quali lo scrittore Gilberto Gilioli e la moglie
Myrthe Ripamonti. Secondo il quotidiano L’Avanti, all'epoca dell'assassinio di
Giacomo Matteotti raccolse firme di adesione al lutto che poi presentò alla
vedova dell'uomo politico, incurante delle difficoltà a cui sarebbe potuta
andare incontro. In seguito partecipò attivamente alla cospirazione contro il
nazifascismo, ospitando nella propria casa, e salvando loro la vita, numerosi
compagni ricercati e conservando documenti cospirativi di grande importanza.[12]
Alla fine della Seconda Guerra
Mondiale fu consigliere comunale a Varedo, ove era sfollata durante il
conflitto. Ormai in età avanzata, si trasferì in una casa di via Leopardi 1 a
Milano, ospite della famiglia Gilioli, dove morì il 20 maggio 1948. La sua
tomba si trova nel famedio del Cimitero Monumentale di Milano.
La statua e la stele sovrastanti la tomba di Alma Dolens al Cimitero Monumentale di Milano |
Una statua con una stele la ricorda con queste parole: «Alma Dolens volesti chiamarti ed eletta fosti nel farti sorella ai poveri e sofferenti. Temevi la solitudine ma camminasti in purezza di vita e d'ideali coi migliori del tuo tempo. Ora riposi accanto a nobili creature che come te ebbero sacro ogni vincolo di solidarietà umana».
L’Archivio di Teresita Bonfatti
Pasini della Pisana contiene un’ampia documentazione sulla vita e l'attività di
Alma Dolens ed è conservato presso la Fondazione “Elvira Badaracco” - Studi e
documentazione delle donne – Via Menabrea, 13 20159 Milano.[13]
[1] https://iris.unive.it/retrieve/handle/10278/3677630/77689/Il%20militarismo,%20la%20maternit%C3%A0.pdf
[2] Rappaport,
Helen (2001). "Alma Dolens (Teresita
Pasini)". Enciclopedia delle donne riformatrici sociali. 1. Santa
Barbara, California: ABC-CLIO. pagg. 9–10.
[3] https://www.fondazionebadaracco.it/archivi/archivio/?arch_a=61
[4] https://danielaedintorni.com/
[5] Giornale “La Croce Verde” - Archivio Minissi
[6] Giornale “La Croce Verde” -
Archivio Minissi
[7] Giovanna Angelini et al., Nazione democrazia e pace: tra Ottocento e Novecento, Milano, FrancoAngeli, 2012
[8] Theodore Ruyssen, The Final Efforts of the European Pacifists to Prevent the War, Thousand Oaks, Sage Publications, Inc.,
[9] https://www.studocu.com/it/document/universita-degli-studi-roma-tre/storia-contemporanea/femminismo-appunti-del-libro-donne-di-fronte-alla-guerra-con-concetti-chiave/9464933
[10] Sandi E. Cooper, Patriotic pacifism: waging war on war in Europe, 1815-1914, New York; Oxford, Oxford University Press, 1991
[11] https://www.fondazionebadaracco.it/archivi/archivio/?arch_a=61
[12] L’Avanti, 21 maggio 1948
[13] https://www.fondazionebadaracco.it/archivi/archivio/?arch_a=61