1909: Una visita alla Croce Verde di Milano

La rivista “Varietas” pubblicò nel gennaio 1909 il reportage “Una visita alla Croce Verde di Milano”. Una ricerca condotta presso la Biblioteca Comunale di Trento mi ha consentito di ritrovare, a 113 anni dalla pubblicazione, una copia originale della rivista, che contiene l’articolo a firma di Giuseppe Benetti, illustrato con numerose ed interessantissime fotografie.  La lettura dell’articolo ci trasporta indietro nel tempo e ci fa rivivere la realtà dell’Associazione nel suo quarto anno di vita. Nel 1909 la Croce Verde di Milano aveva la sua sede in via della Passione al numero 9, provvista di telefono coi numeri 92 96.


Lettiga a doppia trazione davanti alla sede di Via della Passione 9

“Varietas” è stata una rivista illustrata, nata a Milano nel 1904. Veniva pubblicata a cadenza mensile ed era ricca di fotografie e illustrazioni, con la copertina a colori. Ogni numero di “Varietas” aveva una foliazione di circa 80-90 pagine. Le pubblicazioni della rivista cessarono nel 1940. 

Varietas, gennaio 1909

Ecco il testo integrale dell’articolo di Giuseppe Benetti e le fotografie che lo illustravano.

La Croce Verde, come tutte le grandi opere filantropiche, non ebbe così rapido il passaggio dal sogno alla realtà. Per lungo tempo anche le più nobili idee restano nel regno dell’utopia. Ma oramai la Croce Verde non è più solamente un fatto compiuto: essa è diventata una istituzione.

Certo non mancano in altre nazioni civili società di soccorso. Col progredire della civiltà si diffonde il culto della pietà. A Vienna, per esempio, è fiorente quella chiamata Rettung Gesellschaft, ma essa, a differenza della Croce Verde, non è formata da soci volontari. Cinque carrozze e un’automobile sono sempre in completo assetto per partire al primo cenno di richiesta.  Accompagnano, di corsa, il medico e l’infermiere sul luogo dell’infortunio, provvisti delle occorrenti medicazioni. Con l’automobile, in meno di un quarto d’ora si arriva alla parte più lontana di Vienna. Oltre alla sede centrale, c’è una grande filiale in Mariatrilstrasse. I medici di quella istituzione sono pagati sufficientemente per le loro prestazioni. E, come già si è fatto anche a Milano, per opera della Società Umanitaria e della Croce Verde, essi tengono parecchi corsi – Samariten Schule – per preparare degli abili infermieri.


Sorta nel maggio del 1906 per iniziativa di un gruppo di toscani, la Croce Verde cominciò a funzionare, quasi senza mezzi, in un oscuro camerone di Via Sant’Antonio, sede dell’Unione Infermieri, sotto la presidenza del Senatore Ettore Ponti. [1] 

[1] (NdR) Il Marchese Ettore Ponti, Deputato, Senatore, Sindaco di Milano dal 1905 al 1909, fu il primo presidente onorario della Croce Verde.

Le prime difficoltà, specie finanziarie, furono presto superate. Si incominciò con un carro lettiga per i feriti, malati o colpiti da infortunio, e con due lettighe per il trasporto dei cadaveri. Ora è, invece, passata a una “crisi di crescita”, cosicché, a un solo anno di distanza, anche la sede attuale è ormai diventata insufficiente.

Fosse caso, o fosse effetto di un’autosuggestione, la quale acuisse le mie facoltà di osservazione, quel giorno in cui io mi ero proposto di visitarla avevo visto più volte i lesti militi trasvolarmi dinanzi, spingendo, con delicata cura, la fida lettiga.


A metà della via Passione è il timido segnacolo della Croce Verde. Mentre entro, alcuni militi e il comandante signor Adolfo Giorgi stanno intenti alla pulizia. Una magnifica automobile pare stia a disagio in un angolo del non ampio locale. Scorgo una baracca smontabile, da campo, e qua e là lettighe, biciclette e qualche barella.

- La baracca smontabile, mi spiega un milite, mentre mi accompagna per una scaletta al piano superiore, è per i casi di gravi disastri, in cui si renda necessaria la permanenza nostra sul posto. Ora che abbiamo l’automobile-ambulanza-ospedale, ella capirà come con la baracca smontabile possiamo essere in grado di fare, non soltanto il servizio dei soccorsi d’urgenza, ma anche un impianto completo di improvvisata sala di operazioni.

Sono subito introdotto nella sala del Consiglio d’Amministrazione, dove mi accoglie con grande cortesia il presidente, signor dottor Luigi Borroni[2], un entusiasta della Croce Verde, pieno di energia e di iniziativa.

[2] (NdR) Luigi Borroni fu il terzo presidente operativo della Croce Verde; nominato nell’agosto 1907, si dimise a fine marzo 1909 per motivi di salute, due mesi dopo questa intervista. 

- Ora sto preparando, mi dice subito, un arruolamento di volontari per la Croce Rossa. Le reclute fanno qui un corso d’istruzione, e quando vengono ammesse nella nostra consorella ottengono l’esonero dalla chiamata sotto le armi.

I miei occhi corrono curiosamente alle pareti della sala, quasi completamente coperte di quadretti, di diplomi, di manifesti e di ordini del giorno. Un gran quadro del pittore Emilio Tornaghi rappresenta l’originale del diploma da assegnarsi ai soci benemeriti perpetui.

- Ci sono dunque, chiedo io, varie categorie di soci?

- Appunto, soci Attivi, i quali prestano servizio obbligatorio o facoltativo; Contribuenti triennali o perpetui; Benemeriti, triennali o perpetui; Onorari. Finora abbiamo 421 patronesse, 480 soci contribuenti triennali, 9 perpetui, 23 soci benemeriti triennali e 1 socio perpetuo. I militi sono 340, con 30 capisquadra, 30 sottocapisquadra, 1 comandante, 1 sottocomandante in prima e 3 sottocomandanti. Le prestazioni sono gratuite. Le oblazioni vengono versate alla Cassa Sociale.

- Una vera legione della carità…

Intanto che il presidente aggiunge altre spiegazioni, mi viene fatto di riflettere che le varie Confraternite della Misericordia, della Morte, ecc., mettono addosso un senso di ripugnanza, talvolta di terrore, da ricordare il “monatto” di fosca memoria, dei Promessi Sposi. Esse hanno troppo del religioso e del misterioso, e suscitano quel non so che di paurosa diffidenza che allontana spesso dagli ospedali e da certe opere pie di carità le masse popolari, non sempre soltanto per atavico pregiudizio. La Croce Verde sembra invece famigliarizzarsi con la sventura. Direi quasi che mi fa l’effetto di un raggio di sole durante la pioggia, di un sorriso fra le lagrime. Più presto che da apprensione o da sgomento ci sentiamo invasi da un senso di sollievo, nel quale è, insieme, un’intima, forse egoistica compiacenza, quando ci incontriamo nei suoi militi, così come, davanti ai pompieri attraversanti fragorosamente le vie cittadine, argomentiamo che il noto squillo vibrante nell’aria, fra l’ansiosa curiosità della folla, significa il soccorso alla casa che divampa, il salvataggio di vite umane forse in pericolo.  

- L’assistenza pubblica, riprende a dire il dottor Borroni, più sarà utile, quanto più sarà improntata a praticità; e però non bastano le lezioni o le finte manovre, ma occorre l’esperimento continuo, il contatto reale con chi soffre. Allora, quelli che aiutano imparano ad essere forti, calmi, pratici e diventano veramente utili. Qui tutti vanno a gara nel prestare l’opera loro gratuita, non solo, ma anzi sono sottoposti ad una tassa mensile. L’appartenere ad una istituzione che ha per ideale il soccorso e la pietà, è per i soci un onore e ne sono fieri. Portare il medico e le medicine all’ammalato, e non questo a quelli, ecco la perfezione dell’assistenza, perché viene evitato il pericolo, talora imminente, di conseguenze letali.

- È la Croce Rossa in tempo di pace, dissi io.

- Perfettamente. La nostra vuole però essere un’istituzione eminentemente moderna, con caratteristiche di spiccata elasticità e indipendenza dalle pastoie burocratiche; essa vuole addestrare i propri militi negli infortuni e nei disastri: siano essi dovuti alle convulsioni della natura sconvolta, o al progresso febbrile delle industrie o degli sports, o ai funesti scoppi della malvagità umana…

Mediante il contributo mensile di 50 centesimi, che viene pagato dai militi, si è istituito un fondo di sussidio in caso di infortunio o di morte. E si è anche pensato di assicurare i militi presso la Cassa Nazionale.

La Croce Verde tende infine al coordinamento della propria azione con quella della Assistenza Pubblica Milanese, dei Civici Pompieri e delle Guardie Urbane, allo scopo di rendere più pronto e regolare il servizio dei soccorsi d’urgenza e di evitare una penosa concorrenza. Ha anche promosso l’istituzione dei posti di soccorso in tutta la provincia, come ha cooperato alla fondazione delle consorelle di Bergamo e di Como, e propugna la confederazione delle società consimili di tutta l’Italia. Il progetto è già pronto.

Uscendo dalla sala do una capatina al dormitorio, arioso e pulito, per i militi di servizio notturno. C’è anche una piccola biblioteca, perché alla Croce Verde non si fuma, non si beve, non si giuoca.  Quando ce n’è il tempo, si legge.

Una parte del locale è adibito a scuola, un’altra a magazzino, ove vi sono biciclette, biciclette-lettighe e tutto l’arredamento per l’ambulanza stabile e l’automobile-ospedale. Mentre mi viene mostrata una lettiga metallica portatile, piegantesi in più parti, e tutta di un pezzo, mi persuado come si imponesse la necessità di un’automobile che rispondesse a queste tre esigenze: primo soccorso, trasporto, ospedale. La dotazione degli zaini, delle barelle e delle lettighe è troppo impari ai bisogni. Si sognava adunque una vettura modello che congiungesse la massima rapidità alla dolcezza della corsa, al conforto del malato durante il trasporto…

Ad un tratto sentiamo una brusca chiamata del telefono.

- Ecco un servizio.

Ci precipitiamo giù dalla scaletta. Tutti hanno dato un balzo. Il battistrada ha infilato la bicicletta, gli altri gli sono dietro, e via come il lampo.

- E come stiamo a patrimonio? Arrischio di chiedere, intanto che alcuni militi e lo chauffeur si danno intorno per mostrarmi l’imponente automobile-ambulanza-ospedale Pompeo Confalonieri.

- C’è un’attività di 33 mila lire circa, con una passività di 2 mila; le rendite sono di lire 22 mila e le spese 10 mila lire circa. Dunque un patrimonio di lire 43 mila. Ah! Quando sarà almeno di 100 mila lire!...

Ed eccoci all’automobile. Essa risponde ad ogni maggiore esigenza, poiché appena arrivata per la prima sul posto, può fungere da ricovero, da ospedale provvisorio, da infermeria e perfino da sala di medicazione. Non sempre basta il soccorso d’urgenza di un cordiale, di una iniezione eccitante, o la medicazione di una ferita. Talvolta è indispensabile il pronto intervento chirurgico. Tenterò di darne un’idea.


Il sedile davanti è a due posti: uno per il medico o per l’infermiere, ed è fatto in modo di dare facile accesso all’interno della vettura. La parte anteriore, corrispondente alla testa delle lettighe, barelle e sedile dello chauffeur, è a metà fissa, mentre l’altra metà per il medico od infermiere è mobile, scorrevole verso l’altra parte chiusa e tutta in vetro. Un grande telone-ombrello, sostenuto da appositi congegni, può, all’occorrenza, venire improvvisato a guisa di porticato, attorno alla vettura centrale; e mentre nella parte chiusa, rischiarata dal soffitto a vetrata, si possono collocare lettighe, barelle o brande con malati in attesa di medicazione o di operazione, dal lato aperto e sotto la tettoia si può improvvisare una sala d’operazione. Una cassa di metallo, collocata nell’interno della vettura, contiene bidoni per soluzioni asettiche ed antisettiche, catini, spazzole, sapone, alcool, etere, materiale per l’asepsi. Altre scatole contengono garza, cotone, bende, lana, tela, cotone elastico, ferrule per frattura polmonare, pompa gastrica Russmand, ecc., ecc.

In altre ancora sono risposte lenzuola, vesti per medici, salviette, compresse sterilizzate, instrumenti chirurgici, come pinze Pean[3], Horter, dilatatori, rasoi, forbici, bisturi, sonde, specilliti, aghi Déchamps[4], seghe, staccaperiosti, apparecchio per tracheotomia. Né si è dimenticato un piccolo armadio farmaceutico, con siringhe Pravez, soluzioni ipodermiche di morfina, di apomorfina, di caffeina, di etere, di ergotina, ecc.

[3] (NdR) Pinze emostatiche, [4] (NdR) Aghi per suture

Sopra l’imperiale sono riposti il letto operatorio, due tavolini e delle sedie pieghevoli. Nella vettura è una sedia portantina, snodata e disinfettabile, per discendere i malati dalle case. Un apposito robinetto, a fianco della automobile, fornisce l’acqua calda. Anche si è pensato a riporvi delle tavole isolatrici per infortuni elettrici e ganci e tagliafili.

- Quando la Croce Verde è andata all’esposizione di Piacenza, ci dice il presidente, ho voluto dormire nell’automobile, per avere la sicurezza che l’ammalato non soffrisse per correnti d’aria o altro. Mi ci sono trovato ottimamente, come in letto.

- Come fate a trovarvi qui, se siete occupati tutto il giorno?

- Si monta la guardia per turno, a seconda che godiamo della nostra giornata di riposo. Approfittiamo della legge… E così il lunedì vengono a prestare servizio i parrucchieri, il martedì i tipografi, il mercoledì i camerieri, il giovedì, venerdì, sabato e domenica gli studenti e un po’ di tutte le categorie di operai mescolati assieme. Si fa la notturna un po’ per uno…

La risposta era stata data con grande semplicità, come se il servizio fosse la cosa più naturale del mondo. Compresi che dopo un po’ di tempo i soci attivi sentono la passione del mestiere, così come noi sentiamo quella dello scrivere, del fatto, del giornale, insomma. Per essi, un bel servizio equivale al bel fatto, magari al fattaccio, tal quale come per un cronista che si rispetti.

Ormai la loro presenza diventa indispensabile anche – fra l’altro – nelle grandi riunioni sportive, perché la prudenza non è, in questo caso, paura, ma frutto dell’altrui esperienza. Come vi sono le guide alpine, è logico che vi siano le guide specializzate dell’assistenza.

Drrling, drrling, drrling.

Un milite s’attacca al telefono, altri accorrono.

L’emozione mi invade e pendo ansioso dalle tronche parole che rompono il silenzio.

- Pronti! Sì, Croce Verde.

- Eh? Dove? Sì, sì, va bene. Pochi minuti. Aspettateci…

E i bravi ragazzi volano…

Ora è uno stanco della vita che ha tragicamente tentato di liberarsi del pesante fardello… I militi lo hanno portato sopra una barella: uno ne ascolta ansioso i battiti del cuore. Non è morto! Forse lo salveranno!

Ecco un altro infelice per il quale potranno essere la salvezza le inalazioni di ossigeno. Ora è un povero muratore caduto dall’alto di una fabbrica, che giace svenuto, tutto pesto e gemente… Ora è un operaio, che è estato afferrato dalla cinghia di trasmissione di una macchina, mentre gli fiorivano sul labbro le barzellette e nel cuore la dolce illusione…

Chissà? I fratelli della Croce Verde lo salveranno! Con ogni cura lo medicano e lo collocano nella lettiga…E dopo i primi soccorsi volano all’Ambulanza più vicina o all’Ospedale.

Ecco un operaio elettricista che è stato colpito dalla corrente. Bisogna distaccarlo e isolarlo, con gli appositi ordigni…

La sicurezza del soccorso, pronto, premuroso, oculato. Ecco riassunte le impressioni della mia visita.

- Almeno si è certi di essere in buone mani, diss’io, facendo per andarmene…

- Non mi faccia torto, allora, mi gridò il presidente ridendo…

- Quod Deus avertat[5], feci io di rimando… Però…

[5] (NdR) Che Dio ce ne scampi!

- Però, se disgrazia capitasse…

E, per l’umile cancello di legno a rastrelliera, uscii sulla strada, col cuore dolcemente toccato. In quel momento mi sentivo ottimista.

E ora, prima di finire, una domanda che è un voto, e che mi pare debba essere nel cuore di tutti:

- A quando la fusione di questa Croce Verde con le altre istituzioni d’assistenza, così da creare una sola, grande opera di carità in questa nostra bella e generosa Milano, così fervida di lavoro e sempre all’avanguardia di ogni nobile e civile iniziativa?

GIUSEPPE BENETTI, 1909


Ringrazio la Biblioteca Comunale di Trento per la cortesia e la disponibilità.

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